Cosa avremo mai da dire
Comunichiamo. Uh, quanto. Tutto un fluire di cose che vorremmo dire. Come possiamo, come sappiamo, anche tacendo, se non in altro modo. E poi le parole. Poche, tante, troppe, misurate, generose, chiare, opache. Scritte, parlate, accennate, cantate, semplici, contorte, lasciate sull’uscio senza farle uscire allo scoperto, solo intraviste; oppure, al contrario, urlate, sbattute in faccia come una porta con una folata di vento. Abbiamo paura di esporci, eppure un gran bisogno di esprimere qualcosa, con ogni mezzo. A volte crediamo di defilarci e stiamo solo tentando modi alternativi di richiamare l’attenzione. Parliamo così tanto, in ogni dove, con ogni mezzo. Ma in fondo… avremo davvero qualcosa da dire?? Perché dovrebbero ascoltarci, se ciascuno è già impegnato a parlare lui? O parliamo così tanto proprio per cercare qualcosa che non troviamo e pretendiamo che siano gli altri a trovarla in noi e mostrarcela? Io non lo so. Non lo so perché scrivo, parlo, racconto. So che cerco qualcosa, spesso non definito, dentro e fuori di me. So che comunicare mi piace, mi attrae e ne ho bisogno. Cosa abbia veramente da dire non lo so con certezza: questo è quello che so.