San Gregorio Armeno parte seconda
Nella prima parte abbiamo parlato di San Gregorio Armeno, che da il nome, a Napoli, alla strada dove le bancarelle vendono presepi di tradizione artigiana, e più di recente anche presepi moderni molto meno artigianali e tradizionali. Partendo da qui analizziamo la valenza simbolica e antropologica del presepe storico napoletano attraverso i principali personaggi e elementi costitutivi che in parte sono entrati a far parte della mia poesia San Gregorio Armeno ( da “Profusioni”, Fusibilialibri 2015 ).
Nel terzo e ultimo post sull’argomento (sei gennaio) parlerò degli animali del presepe, degli angeli, di Pulcinella e il Cristo, dei Magi.
Ho fatto entrare S. Gregorio nel mio scritto sotto le mutate spoglie di “…Pastore errante dell’Asia”, citando così il canto leopardiano e fondendo le origini asiatiche dei nostri progenitori etruschi con il viandante pastore che nel presepe – riallacciandosi ai miti della luce nordici – diventa il pellegrino che cerca il Sole, ovvero la sorgente “di illuminazione”, la rinascita spirituale che si incarna, secondo le religioni cristiane, nel Gesù.
Il presepe napoletano è la fusione perfetta di mitologia pagana, simbolismi transculturali e allegorici, temi e motivi dell’immaginario popolare: offre quella che può definirsi una rappresentazione misterica.
San Gregorio Armeno E anche San Gregorio è armeno e nomade, pastore di asie erranti. Entra nell’osteria, dal vinaio passando per il mercato; ai suoi piedi si arrotola il capretto. Accanto siede Stefania, la Vergine che coi suoi occhi blu dipinge il cielo, e accanto a lei la Zingara ci mette le stelle: cartapesta... carta, una non basta, lei le legge e ti dice il domani. Arriveranno i Re Africani sul fare di giorni nuovi, safrani e saporiti, come deserti. Il Pescatore, con alla spalla la lenza fina trova la donna seduta al pozzo. Le dice: donna mia io ti conosco dammi dell’acqua dammi qualcosa io posso regalarti un pesce rosa per sfamare vecchi e bambini. La donna è bella, prende il pesce e incarta una frittella, per ricambiare. Dal ponte intanto scende la Meretrice sguardo tagliente sguardo tagliato; è stanca, vende al mercato i frutti dell’uadi, le verdi risorse di canneti, di palme e datteri, di piccole rose. Ma guardate! Più avanti ancora sotto l’arco, con lo Zampognaro arriva Pulcinella: accanto alle cassette di sardine, porta un metro di pizze. Siamo a San Gregorio, guaglioni sì sarà pure armeno, ma qui le pizze ce le metteremmo nel presepe, foss’anche peccato! Intanto si è ‘scetato’ un bagliore di cometa che tutto acceca e tutto fa scordare e tutto memore sale solo e fino un canto cherubino, di Pietà, di Turchino. E a noi ci pare che qualcuno venga per Natale, sì qualcuno arriva da lontano e ci riscalda il cuore magari un poco, che dentro fa freddino. San Gregorio che è Armeno, attraversa l’Asia in sella al suo ronzino, e nella sacca tiene avvoltolato stretto, Gesù Bambino.
Il presepe napoletano è la fusione perfetta di mitologia pagana, simbolismi transculturali e allegorici, temi e motivi dell’immaginario popolare: offre quella che può definirsi una rappresentazione misterica. La sospensione spazio-temporale come il compenetrarsi di tematiche sacre e profane ne sono testimonianza. Sia i personaggi che le strutture portano con se chiavi di lettura multiple. Si stimano settantadue figure fondamentali, allargate nella visione popolare a novanta, sembra per farle coincidere con i numeri della Smorfia Napoletana.
I primi presepi classici nella Partenope tardo-settecentesca attinsero ampiamente all’iconografia pittorica barocca, popolando le chiese della città con rappresentazioni presepiali plastiche e teatrali.
Gli stessi Borbone furono grandi amanti del presepio: ne commissionarono molti
Con la modernità il presepe diventa quindi un elemento culturale unificante, fortemente orientato a contaminazioni e sperimentazioni per avvicinarsi sempre più allo spirito del tempo in cui agisce.
Il simbolo religioso cede il passo alla tradizione identificativa della comunità. E’ nel XVIII secolo che la fioritura delle botteghe a via San Gregorio Armeno raggiunge il suo culmine. Il sacro e il profano si fondono sempre più nella simbologia e nelle personificazioni che popolano il presepio, dando luogo a una caratterizzazione di costume della città di Napoli con il male e il bene sempre vicini e intercambiabili nella stratificazione rappresentativa.
Elementi e simboli:
La grotta: posta al centro ed affiancata da altre grotte di dimensioni inferiori, posta nelle vicinanze di greggi, animali da cortile e mucchi di paglia. Assume il valore di confine tra luce e tenebre.
Con la modernità il presepe diventa quindi un elemento culturale unificante, fortemente orientato a contaminazioni e sperimentazioni per avvicinarsi sempre più allo spirito del tempo in cui agisce.
La fontana: ha una valenza magica rappresentando le acque che giungono dal sottosuolo. La fontana è luogo di incontri d’amore e visioni fantastiche. La donna alla fontana è associata alla Madonna
Il ponte: anch’esso legato alla magia, rappresenta il passaggio, il luogo di incontro tra vivi e morti. E’ luogo di spaventosi incontri notturni ma anche la possibilità di passaggio sopra le acque, le correnti, le difficoltà della vita.
Il mulino: segno delle ruote o delle pale che ruotano come rappresentazione del tempo, con allusione al nuovo anno. Il mulino viene visto anche come macina che schiaccia il grano per produrre la farina, associata al pane indispensabile alimento per il sostentamento umano. Il pane ha intrinseco valore anche religioso perché Gesù rappresenta il Pane della Vita.
L’osteria: ha una valenza estremamente complessa. L osteria rappresenta per gli itineranti una sosta obbligatoria per rifugiarsi e riposarsi, ma anche il luogo dove si beve, si mangia in abbondanza si gioca, quindi i piaceri della carne. L’accoglienza nelle due accezioni sacro e profano. Qui vicino è collocata infatti anche la Meretrice.
Benino: e’ il pastorello dormiente. E’ collocato in alto nel presepe e rappresenta il cammino verso la grotta. Stando a questa rappresentazione il senso del Natale è captabile solo attraverso il sogno effettuato con la guida di un animo visionario che sprofonda nel mondo interiore della conoscenza. Benino o Benito, nella tradizione napoletana, è anche colui che sogna il presepe e guai a svegliarlo: di colpo il presepe sparirebbe.
Il vinaio e Cicci Bacco: il percorso del presepe napoletano è anche rappresentazione della “rivoluzione religiosa” che avverrà con la morte del Messia. Vino e pane saranno i doni con i quali Gesù istituirà l’eucarestia. Ma contrapposto a ciò, c’è la figura di Cicci Bacco, retaggio delle antiche divinità pagane, dio del vino, che si presenta spesso davanti alla cantina con un fiasco in mano. Il Dioniso, quindi che spinge ai piaceri della carne (vedi osteria).
Il pescatore: è simbolicamente il pescatore di anime.
I due compari: i due compari, zi’ Vicienzo e zi’ Pascale, sono la personificazione del Carnevale e della Morte. Al cimitero delle Fontanelle in Napoli si mostrava un cranio indicato come “A Capa ‘e zi’ Pascale” al quale si attribuivano poteri profetici, tanto che le persone lo interpellavano per chiedere consigli sui numeri da giocare al lotto.
Il monaciello: viene letto in chiave dissacrante, come simbolo dell’unione tra sacro e profano che si realizza nel presepe napoletano. Questo spiritello proveniente dalle infiltrazioni dell’acquedotto, secondo la leggenda, può manifestarsi benignamente o malignamente (a seconda che porti un cappello nero o rosso ). Ha connotazione anche sessuale (superdotato, aggressivo ), è dispettoso e capace di furti in casa ma anche di rivelare numeri da giocare al lotto. Se la casa risulta infestata dal monaciello si è persino autorizzati a non pagare l’affitto.
La zingara: simboleggia la profezia. Si narra di una zingara che aveva predetto la nascita di Gesù illudendosi di essere lei la prescelta di Dio, il suo peccato di presunzione la fece diventare una civetta. Visione e preveggenza accostate profanamente alla predizione divina.
La vergine Stefania: si racconta di una donna Vergine che nonostante il suo divieto di fare visita alla Madonna perché non sposata riuscì ad ingannare tutti avvolgendo una pietra in un panno, in modo che sembrasse un neonato. Arrivata nella grotta, miracolosamente la pietra iniziò a vagire e diventò un bambino, Santo Stefano, festeggiato il 26 Dicembre.
La meretrice: simbolo erotico contrapposto alla Vergine; l’accoglienza carnale, ma anche la donna che vuole essere redenta nello spirito.
I giocatori di carte: La loro denominazione è legata al Carnevale. Di solito vengono rappresentati i due compari che si riferiscono ai due solstizi di Dicembre e Giugno.
Venditori nel presepe: Tali personaggi rappresentano le personificazioni dei mesi, mentre i cibi venduti oltre a essere connessi con le stagioni sono anche elemento culturale, vitale e di scambio di tradizioni.
Gennaio macellaio o salumiere;
Febbraio venditore di ricotta e formaggio;
Marzo pollivendolo e venditore di uccelli;
Aprile venditore di uova;
Maggio sposi recanti un cesto di ciliegie e di frutta;
Giugno panettiere o mugnaio;
Luglio venditore di pomodori;
Agosto venditore di cocomeri;
Settembre venditore di fichi o seminatore;
Ottobre vinaio o cacciatore;
Novembre venditore di castagne;
Dicembre pescivendolo o pescatore
Fonti:
Luca Zolli, “Lo straordinario simbolismo del Presepe Napoletano”
Roberto de Simone, “Il presepe popolare napoletano”
Antonella Cilento, “Bestiario napoletano”
Il presepe di Napoli, mitologie e simbolismi (Dioramapresepe.com)
Romeo de Maio, “Pulcinella, il filosofo che fu chiamato pazzo”
e
Il presepe di Napoli, mitologie e simbolismi (Dioramapresepe.com)