Fabrizio De André – Smisurata Preghiera
Quando non sei credente sono tendenzialmente due le circostanze che possono portarti ad entrare in una chiesa: i matrimoni e i funerali. Dai matrimoni però non ho mai imparato niente, li trovo una cosa pacchiana e pure un po’ ipocrita. I funerali, invece, come tutte le cose brutte della vita mi hanno insegnato molto, o quanto meno fatto riflettere. Premessa necessaria è che seguire una messa per intero per un non cattolico è un sacrificio non indifferente, tanto peggio quando la messa si propone di dare un senso ad una cosa così orribile e dolorosa come la morte di una persona cara. Il tutto alle proprie orecchie suona come un tentativo di conforto goffo se non addirittura inopportuno. Cos’hai da confortarmi, Padre? La vita eterna? Ci credi davvero alle cose che dici? Ci credi fino in fondo o hai solo paura come tutti noi? Vi siete inventati una bella storiella per addolcire la pillola, devo ammetterlo, ma la morte sono due persiane chiuse di una finestra che nessuno aprirà più. Punto e basta.
Mi è venuto spontaneo pensare queste cose mentre ascoltavo il prete parlare. Queste come tante altre. Pensavo e soffrivo. E affianco a me la gente pensava e soffriva. Ma è proprio in questi momenti così destabilizzanti che si fanno spazio i pensieri nuovi, quelli a cui non avevi mai pensato, così d’un tratto qualcosa nella mia testa ha cominciato a prendere senso: il mio stare lì. Lo stare lì di tutti, in quel momento. Io non ho partecipato alla messa, non ho recitato le preghiere né mi sono fatto il segno della croce, per rispetto verso le mie opinioni ma soprattutto verso chi crede davvero, eppure mi sono sentito dentro quel momento fino in fondo, partecipe di un dolore complessivo. Ascoltando le riflessioni del prete sono rimasto sorpreso di come affianco a quelle risposte che io non condividevo ci fossero tanti punti che invece mi facevano riflettere, e che ho accolto senza pregiudizio dentro di me.
Allora ho pensato che forse sta proprio qui il senso: pensare, soffrire, accogliere, e dedicare un momento ma soprattutto un luogo a questa operazione. La chiesa, come la stanza di un analista, rappresenta un luogo in cui sentirsi liberi di vivere il proprio dolore e dove potersi raccogliere a pensarlo. E la preghiera non è che quel modo particolare di pensare, un modo in cui ci si predispone a richiamare la parte più spirituale di se stessi, indipendentemente da se si crede in qualcosa oppure no. Tutto questo, la preghiera, il luogo, il rito, le persone che vi partecipano, sono cose fondamentali per salutare per sempre una persona. Potrei sbagliare, ma credo non esista civiltà che non abbia riti funebri, e anche se non basta, perché non basta, ha comunque la sua utilità. Per tutto il resto c’è la fede, per chi ce l’ha. Per tutti invece, ma soprattutto per noi altri, c’è la preghiera di un laico che pure di religione ne sapeva qualcosa.