Rebus
Qualcuno dei tuoi gemiti deve essersi perso fra le labbra e i gomiti. Hai lasciato trascorrere un’intera frase che ti ha illuminato per un attimo. Sarà pure colpa di questa casa, che tutto inghiotte, perfino il tempo. Devi essere rimasta alzata fino a tardi. Dopo aver compilato il registro ti sei messa al telecomando senza sostare per più di dieci secondi su un canale cogliendo vaghi barlumi di colore.
L’unica scelta definitiva è la fame. Una tazza ricolma di latte insieme a biscotti confezionati. Mangiati fino a sentire la gola salata, nemmeno il piacere di intingerli nel latte. Frattempo, la casa scherza coi suoni, aumenta gli scricchiolii degli armadi e rincorre ritmi immaginari. Tieni sempre le luci del corridoio accese. Sei sola, e la casa è un’enorme bocca aperta, ti tiene da parte fra i denti e la lingua in attesa di richiudere le sue fauci. Hai finito il sonno. Lavori un pensiero, un altro, e un terzo, dissipando la tua lucidità come una candela che si sta consumando, ma la cui fiamma non si arrende.
L’aria traspira fra gli spifferi, sembra che la casa respiri la tensione notturna. Un silenzio irreale divora suoni indistinti, tracce che rimangono coriandoli di suono che si propagano disordinati nella notte. Per non sentirti oppressa, non hai abbassato le persiane e la cucina si illumina del mite bagliore lunare. Di te, non resta che l’ombra di una donna che mangia, e il tuo pensare si riassume nel sospetto di essere spiata. Tutta la stanza precipita sulla tua tazza, un occhio invisibile che studia i tuoi gesti, e li senti i sussurri delle persone che hanno vissuto nella casa. Chi non conosce la tua debolezza?
Il senso di vuoto che si placa solo dopo l’abbuffata: ormai lontana dalla fame, dalla metodica assenza di sonno, lontana dalla gazzarra di suoni che preludono alla tua scomparsa, ed è come non essere più in cucina.
Mentre accavalli una gamba, le lettere che pensi si dispongono fino a diventare rebus, di cui ignori gli indizi. Ormai la casa possiede ogni tuo segreto, conosce il timore che hai di restare alzata. Si spegneranno le luci, fra poco. Resterai attaccata alla sedia, senza alternative, e le tue grida saranno soffocate.Ormai sai che la casa ti ha spiato da sempre, anche la sedia che ritenevi un’insospettabile alleata è in realtà lì per spiarti, inutile chiedere comprensione agli oggetti. La porta-finestra e il televisore sono rimasti immobili per ore, per ingannarti, ma avrebbero voluto aggredirti, se solo la casa non gli avesse impartito ordini diversi.
Nessun oggetto che credevi tuo ti appartiene, è della casa e lei è padrona anche dei tuoi gesti. Ti ha costretto a restare alzata nella notte sapendo che ti saresti sbavata un etto e mezzo di biscotti. Poi, finalmente arriva Lorenzo e questo la casa forse lo sapeva. Apre la porta e resta stupito. “Ma sei ancora sveglia!”. Sarà per la prossima volta, ormai ti conosco, ronza il televisore.