Resistenza empatica (non può piovere per sempre)
Ma soprattutto se piove non aprire l’ombrello
aspetta il tuo giorno di sole non puoi fare di meglio.
Così dice Max Gazzè, nella canzone Se piove. Per troppo tempo siamo stati a guardare la pioggia e la grandine venire giù e ci siamo sempre riparati. Nascosti.
Piccolo vademecum sulla resistenza empatica. Ovvero: non può piovere per sempre.
Una mattina ti svegli e vedi un mondo diverso.
È un mondo più grigio di come l’avevi lasciato il giorno precedente. Non che ci fosse il sole prima, ma ti era sembrato di vedere degli sprazzi di cielo blu dietro a dei draghi grigi carichi di pioggia.
Una mattina invece quel blu è scomparso, non ce n’è proprio traccia, l’aria è pesante e sembra che debba venire giù la grandine in qualsiasi momento, ma non arriva e sei in attesa.
Ti passi le mani sugli occhi e distendi le braccia. Puoi resistere a un tempo come questo con un po’ di stretching muscolare e caldi abbracci. Qualche maglione e un bel berretto. Non può piovere per sempre.
Perché il grigiore di mondo è un muro sgradevole che va ad aumentare giorno dopo giorno. Che diventa sempre più massiccio e pesante. Che va a chiudere. A dividere.
Un giorno ti svegli e il panorama grigio è l’umanità che ti circonda. I nuvoloni, la pesantezza e l’attesa del ghiaccio hanno poco a che fare con la volta celeste. Te li ritrovi invece dritti negli occhi spenti dalla noia, nella mancanza di sorrisi, nell’aggressività, nel cinismo attorno a te. Hai l’impressione che non basteranno gli abbracci e i super poteri di chi ti vuole bene nella tua tana per salvarti. Sbuffi e pensi che non basteranno affatto neanche il berretto e il maglione in più.
Perché il grigiore di mondo è un muro sgradevole che va ad aumentare giorno dopo giorno. Che diventa sempre più massiccio e pesante. Che va a chiudere. A dividere.
Cos’è che ci fa arrabbiare così tanto? Com’era prima di internet?
Perché, umanità, oggi mi sembri così decisa al suicidio e al calvario?
Oggi non riesci a scovare proprio niente di blu. La tua resistenza stenta. Dentro di te sai che non è sempre così e credi fermamente che anche nel burbero più determinato a volte si nasconde qualcuno che ha bisogno di compagnia e sentirsi voluto bene. Che anche dalla situazione più drammatica c’è da ricavare qualche argomento positivo. Che ogni fregatura ha una contropartita. Solitamente rischi la carta dell’ottimismo, anche se la tua coscienza è da un po’ che sta facendo di no con la testa.
Ti guardi intorno e si urla, si urla contro tutti, si offende, si invidia, si ostenta, si è cinici, si è ottusi, si va a votare contro e non pro qualcosa, si è ignoranti, si trama alle spalle, si maledice.
Arrivi a pensare che l’unica cosa da fare sia correre a nascondersi nella prima isola di luce e calore che trovi. Ginocchia vicine al petto e zitti tutti.
Oggi non riesci a scovare niente di blu da quei draghi pesanti di umanità stanca.
Arrivi a pensare che l’unica cosa da fare sia correre a nascondersi nella prima isola di luce e calore che trovi. Ginocchia vicine al petto e zitti tutti.
Al riparo nella tua cucina mite, zona di pace e di piacere, ti chiedi quale metodo di difesa personale potresti usare che non implichi per forza la fuga. Come resistere? E pensi alla parola empatia, che significa più o meno ritrovarsi dentro il sentimento di qualcun altro. Pensi alla parola compassione. Abbracciarsi dentro a un dolore. Essere dentro a un’emozione altrui con discrezione. Esserci.
Questa mattina, di fronte al muro grigio in cui comunicare è diventato insostenibile, ho fatto il bilancio di un anno impressionante, in cui l’umanità ha insistito in auto-infliggersi delle continue martellate alle ginocchia. L’idea che mi è venuta è in definitiva quella di oppormi.
E propongo: una resistenza empatica.
Mi oppongo al rancore.
Mi oppongo alla scaramanzia.
Mi oppongo all’invidia.
A consumare il mondo come se non ci fosse un domani.
Mi oppongo a perdere di vista tutto ciò che amo, per una non meglio specificata necessità di correre sempre da qualche parte.
Mi oppongo all’idea del successo a tutti i costi.
Mi oppongo ad essere cinica.
Mi oppongo a stare sempre sulla difensiva.
Mi oppongo ad avere paura.
E propongo: una resistenza empatica.
Parlo di fermarsi ad ascoltare. Di aprirsi e circondare con un abbraccio di vero interesse anche e soprattutto quei soggetti che pensano di cavarsela con la prepotenza e la prevaricazione. Perché contano sulla nostra fuga, sulle nostre paure e sulla nostra ignoranza.
Parlo di sorridere. Mi oppongo a che un muro di rabbia cieca mi inghiottisca insieme a tutti loro.
E non accetto discorsi sul buonismo perché non ho mai detto che qualche volta non sia giusto incazzarsi e alzare la voce. O che qualcuno non ci risulti irrimediabilmente insopportabile.
Parlo di reagire e di resistere.
Reagisco ascoltando, imparando, studiando.
Reagisco perdonando.
Reagisco con la conoscenza.
Reagisco insegnando a mia figlia ad ascoltare, imparare, studiare.
Reagisco amando, con tutto il mio tempo, le mie persone.
They won’t steal our sun,
they won’t steal our blue skies,
our lazy afternoons,
our chitchat seating by a coffee,
all the sunsets we will be sharing on the beach.
We will resist.
And we will listen carefully elderly people’s stories.
We will learn.
We will resist their anger.
Our terrifying weapons,
will be empathy and compassion,
knowledge and tolerance.
Let’s be part of the resistance.