Le immagini di Lorenzo Mattotti: fra colore e poesia
Nella mia stanza le illustrazioni di Lorenzo Mattotti hanno iniziato a fare capolino più di sei anni fa. Di fatto, negli due anni di liceo artistico, la ricerca di mia sorella verso tutto ciò che potesse ispirarla nel disegnare si è intensificata, senza conoscere battute di arresto; così le pareti della stanza hanno cominciato a parlare. La mostra allestita a villa Manin (Codroipo, Ud) era più grande nelle dimensioni, e cosa che ha stupito molto Francesca, rispecchiava la stessa precisione maniacale nella definizione degli spazi.
Ora che lei si è trasferita a Torino, sono rimaste alcune tracce dei disegni che ha scelto per la nostra camera e il “suo” studio a casa della nonna. In me, invece, sono rimasti i ricordi dei colori. In particolare, mi riferisco alla serie dedicata agli amanti che nuotano nel mare, in cui le tonalità dell’acqua si muovono nella direzione di uno spiccato sperimentalismo, e alla serie che ritrae l’incontro amoroso fra un ragazzo e una ragazza su un letto. Sono solo alcune delle immagini che mi hanno maggiormente colpita durante la visita, per la potenza espressiva del colore, in grado di esaltare il lirismo delle immagini invece di tramortirlo per eccesso di colore.
Francesca conosce bene l’autore, non di persona, ma avendo sfogliato diverse raccolte di suoi disegni, sa distinguere i periodi e giustifica con occhio clinico le scelte degli accostamenti cromatici nella mostra. Mentre camminiamo fra le sale, mi spiega quali siano le illustrazioni che si aspetterebbe di ammirare, lusingata perché molto spesso le sue idee erano realizzate. Da quando ha studiato cinema di animazione, ha gusti ancora più severi verso la grafica e la strutturazione di mostre e allestimenti artistici. Non di rado si lamenta di video musicali realizzati senza impegno, mostre concepite senza un filo conduttore, e che quindi incapaci di interpretare i concetti artistici che invece si dilungano a spiegare nelle didascalie.
Ad entrambe, è piaciuta molto la sala dedicata ai ritratti femminili, che mettevano in luce quanto poche linee marcate possano trasmettere il carattere e l’interiorità.
Mia sorella non ha approvato il contrasto fra i personaggi e la scenografia del film Pinocchio di Enzo d’Alò, spiegandomi che il lavoro di Mattotti non si abbina con disegni appiattiti e che avrebbe quindi richiesto una sperimentazione grafica più audace. Ad entrambe, è piaciuta molto la sala dedicata ai ritratti femminili, che mettevano in luce quanto poche linee marcate possano trasmettere il carattere e l’interiorità. La riflessione sul disegno era molto presente anche negli schizzi, abbondantemente raccolti in teche e vetrine. In quel caso, l’autore lavora senza un’idea, ma lasciando libero sfogo all’inconscio. Magiche sono state le reinterpretazioni delle fiabe di Cappuccetto Rosso, de Il corvo, in collaborazione con Lou Reed. Infine, le opere dedicate ai viaggi in Patagonia e in Oriente hanno chiuso con eleganza la mostra, rivelando una ricerca espressiva che cerca la contaminazione e si distanzia dal purismo accademico. Senza dubbi, è una mostra molto suggestiva e valida, e che merita un salto a Codroipo (che ricorderò per i panini vegetariani a quattro euro e per la passeggiata nei campi, perché gli orari della corriera non erano segnalati).