Finchè recriminazione non ci separi
Recriminare: ere ed ire, cose e fatti, mancanze e misfatti, opere e omissioni. Persino i pensieri, e finanche le intenzioni.
Avviso: oggi sono in vena di lagnare, mi sento ferita. Ho urgenza di smaltire questo dolore trasbordante, e quel che temo è il (serio) rischio di trasferirlo su qualcun altro. Considerando che non ho un maggiordomo, in effetti dovrei trovare il vero colpevole. Non c’è scelta!
È – ahimè – l’occasione perfetta per… rinfacciare! Non accade proprio del tutto volutamente e consapevolmente, s’intende: è pur sempre una difesa automatica ed istintiva, ma probabilmente già assorbita per anni da genitori ed amici, e quindi riprodotta con una certa disinvoltura.
[Com’è d’altronde chiaramente spiegato nella ventisettesima uscita a fascicoli de ‘La psicologia facile per tutti’. In omaggio, questa settimana, il cappello da giudice.]
Ma, per quanto non premeditato, è un atteggiamento che ha un prezzo molto alto, perché in genere la persona colpita da recriminazioni si sente (lo è!) accusata e reagisce male – ovviamente – non comprendendo il comportamento reale con il quale ha eventualmente procurato ferite, né i motivi, contingenti o remoti, dell’aggressione.
A fronte di una carica esplosiva tanto pericolosa nei confronti dell’altro e della relazione, la “difesa a mezzo di recriminazioni” ha anche un valore molto piccolo, perché non chiarisce nulla neppure (soprattutto) per se stessi, non risolve la vera causa e non consente alcuna evoluzione nell’elaborazione del proprio dolore ma solo un ulteriore immiserimento dell’animo.
È un’enorme minaccia anche per l’autostima di chi attacca, ovvero: se si è arrivati a recriminare, è perché per un certo numero di volte si è subito e tollerato un qualche altrui comportamento che in realtà non si approvava. Ciò significa che la ‘modalità zerbino’ si era per qualche motivo attivata, come un virus o un’opzione segreta sulla tariffa telefonica di turno.
Infine, lamentarsi a fatti già trascorsi significa che non si è neppure avuto la cura e l’amore necessari da entrambe le parti per affrontare le questioni al momento opportuno. Ci sono dietro cose abbastanza importanti, insomma.
Ma in quel momento mica ci si pensa… intanto si esplode, bilateralmente, e si innesca il tornado: piccole calde lacrime e voci urlanti, carezze accennate e portiere sbattute, frenate brusche e faticosi trascinati passi, offese e poi baci… mani deboli che comunque si stringono e sguardi che, per un po’, non hanno neppure la forza di incontrarsi e sostenersi. Imbarazzo, mortificazione, vergogna, dispiacere.
Silenzio. Silenzissimo.
La mia domanda è dunque la seguente: quanto sarebbe più facile se si tentasse di vivere semplicemente in maniera più coerente con se stessi, imparando a dire ‘si’ solo quando si è convinti, e ‘no’ quando si ritiene che qualcosa sia dannoso o incoerente con ciò che si sente? [Roba di alta maturità… ci si arriva mai nella vita? (Risate laterali e sarcastiche.)]
Sarebbe molto saggio piuttosto andare a cercare i veri motivi che stanno dietro uno schema del genere:
1. subisco tentando tolleranza;
2. tento accettazione applicando silenzi;
3. esplodo in recriminazioni alla prima occasione.
Non è mica uno scherzo: c’è gente che ha perso matrimoni ed importanti legami per questo difettoso e dispersivo sistema… nella cui deflagrazione, le schegge arrivano in profondità fino a tracciare i confini del famoso ‘punto di non ritorno’, il confine di inversione di un viaggio in una qualsiasi relazione emotiva.
Quando si recrimina, si mostra il peggio di sé, si punta un’accusa come un’affilata spada tesa verso qualcuno (a cui pur comunque si tiene molto, evidentemente), come a voler lottare per giustificare e difendere il proprio dolore accumulato.
Si tratta però di una cattiva e non convincente difesa d’ufficio, un’inutile pretesa ed uno stupido spiegamento di forze, inefficace nei modi, perché in genere si è provocatori, ed inopportuno per tempi, in quanto il fatto che ha ferito è già accaduto, ed evidentemente in precedenza si è avuta una reazione diversa (altrimenti sarebbe stata una semplice arrabbiatura, che può invece avere, nella sua spontaneità ed immediatezza, una valenza estremamente positiva).
Recriminare, invece, significa lamentarsi di un qualcosa mentre comunque, nei fatti, ancora lo si sta scegliendo o desiderando, pur specificando che si sta scegliendo qualcosa che non piace, che non va bene. Insomma è mangiare una minestra dicendo quanto è cattiva. (E perché la mangi, amore mio bello??)
Qualche esempio, giusto per sorriderne a denti stretti?
‘Come tutte le volte che ho dovuto aspettarti delle ore, e neanche ti degnavi di avvisarmi’.
Ecco, forse avresti dovuto chiarire subito, o semplicemente negarti, se ritenevi che l’attesa non fosse motivata o ti procurava una sofferenza.
‘Certo, perché con lei invece…’
Questa è chiaramente una forma di gelosia, e qui è complicatissimo ragionarci su. Ma in effetti, anche qui, bisognerebbe tentare di valutare se riteniamo che una persona ci dia la giusta considerazione, ed eventualmente – senza mai elemosinare – prendere una posizione chiara e motivata, anche a costo di rischiare di perderla, al vantaggio di ritrovare maggior coerenza con se stessi. Poi, come si suol dire, chi vuol intendere, intenderà… le rose fioriranno e come arriva si racconterá…
‘Perché tu sei stato capace quella volta…’
E tu, di contro, perché hai fatto finta di niente? A volte si subisce per troppo (deformato) amore, o per scarsa autostima. A volte si tollera per paura di perdersi, quando invece le “ferite non curate” sono uno dei principale motivi per cui si trasforma l’oro in piombo e… l’amore in odio.
‘Perché, quando riguarda te, sai correre…’
‘Perché tu pensi solo ai fatti tuoi…’
‘Ah, son finiti i bei tempi in cui eri, facevi, dicevi, pensavi…’
Ma: in tutte le forme d’amore, è davvero utile ritorcere l’accusa contro l’imputato?
O vale forse la pena di guardarsi dentro, e smettere di accettare tutto per poi far pagare con gli interessi… ed imparare a fare scelte diverse, che non si abbia voglia di rinnegare già subito dopo, o delle quali non si debba immediatamente lamentarsi?
Ah… ma non risponderò certo io! Io che ne so? E se io avessi le risposte, non starei certo qui a parlarne in qualità d’eccelsa e rinomata esperta di Rinfacciologia…