Il mattino dopo Donald Trump
Mi sveglio alle ore otto come ogni santo giorno. Fatico un po’ ad alzarmi dal letto. Per questo ho impostato la sveglia su snooze. Se ci ricasco, lei mi riprende. Quando ne parlo qualcuno chiama in causa l’età. E sorride sardonico. Io penso che quando avevo otto anni non era diverso, ma non dico niente.
Il mattino è fatto di gesti calcolati: prima colazione, toeletta, infine il vestito e si parte. Un membro ribelle costretto in una fibra di cotone. Gagliardo. Quasi sempre gagliardo.
Questa mattina no. Ci penso mentre mi verso i cereali nella tazza. I cereali sono ricchi di fibre, il latte è scarso di lattosio. Stamattina lui non era gagliardo. Amen, non gli si può chiedere troppo. Vorrà dire che la pipì si fa senza problemi. E per il resto nulla cambia. Ieri, oggi, domani. La juventus vincerà lo scudetto, Hillary Clinton le elezioni.
Le elezioni. Clinton vs Trump. Sono abbastanza sicuro che abbia vinto Hillary. Si, dai, I have a dream e tutti insieme, se lo vogliamo, possiamo. Vogliamo che? Non sono sicuro, Hillary, che tu voglia quello che voglio anche io. Biondina tu ci sei dentro fino all’ultimo ascensore di wall street e a me con quella gente non va di sognare. Il mio sostrato è cattolico, a noialtri i ricconi piace vederli tra le fiamme eterne.
E allora sarà meglio Donald Trump, coglione. Lui si che è povero. Parla, parla, dì pure a tutti che la Clinton è impresentabile, poi lamentati se le cose vanno a merda.
Lasciami deglutire e ti spiego, coscienza mia. Aspetta. Ecco. No, no, ci mancherebbe che io dica che è meglio Trump, per l’amore di Iddio. Niente mi è più lontano dall’ossessiva ostentazione di soldi e figa. Dalla superficialità mostrata come un trofeo. Dall’ignoranza posta a baluardo del mos maiorum. Capiscimi. E’ solo che io non mi ci ritrovo manco in Hillary. E poi ha vinto lei, tranquilla, quindi prepariamoci. So già dove andrà a parare: se volete ce la potete fare anche voi. Anche tu. Basta volerlo. Anche i bambini del Biafra. Loro hanno il ventre prominente e il resto del corpo di pelle e ossa perché non ci credono. Altrimenti sarebbero per lo meno governatori del Wyoming.
Accendo la Tv e guardo la scatola dei cereali. E’ grande e colorata. In basso c’è una ragazza in bicicletta con il viso al sole e i capelli al vento. Una di quelle della porta accanto che vorresti sposare, ma ti accontenti pure di scopare. E’ proprio una bella confezione. E mi assicurano in ogni dove che non troverò olio di palma. Non sia mai. Seimila ettari di monocultura resistente allo sperma di piccione e alle proteste di ambientalisti e sindacati, ma niente olio di palma, se Dio vuole. Ecco, questa potrebbe essere Hillary. Non la ragazza in bicicletta, non mi fare bestemmiare di primo mattino. Il prodotto, intendo. Bella confezione: una poesia di Walt Whitman tra i conservanti e le proteine, una bella figliuola in bicicletta. Contenuto: accettabile. E sotto? Sotto dove? Intendo sotto sotto. Sotto che ci sta? Lasciamo Io me la ricordo Ivana Trump, la sua ex moglie. Io e i miei compagni la usavamo per pigliarci per il culo: te la scopi tu! No tu! E le maestre ci lasciavano fare. Che loro erano cattoliche e i ricconi era giusto percularli.
E Trump? Trump ora entra dalla porta con un Happy meal caldo e odorante, me lo mangia nel muso e mi dice di mandare affanculo gli animalisti che si facciano i cazzi loro che tanto non hanno mai dato lavoro a nessuno, fanculo alle vacche, ai messicani puzzolenti e fanculo a tutti e poi mi tuffa un morso di panino nel latte e mi ricorda che lui ce l’ha fatto e io no e si, quello che mi sta dicendo è molto scorretto e lo sa, ma a lui gliene importa un cazzo e poi è ora di finirla con il politically correct.
Cazzo ha vinto Trump. Non ci credo.
Che? Si, si, ha vinto lui. Lo vedo parlare alla TV. Non sa che dire. Non ha mai saputo che dire, figurati adesso. Ma come Trump? Dai cazzo. Io me la ricordo Ivana Trump, la sua ex moglie. Quando ero bambino lei era piuttosto famosa. Faceva ridere il cazzo. Una macchietta. Ricchissima, rifattissima. Io e i miei compagni di classe la usavamo per pigliarci per il culo: te la scopi tu! No tu! E le maestre ci lasciavano fare. Che loro erano cattoliche e i ricconi era giusto percularli. Lo diceva pure il buon Gesù.
Non ci si poteva credere a una come Ivana, a uno come Donald. Erano personaggi caricaturali, come Gastone il cugino di Paperino. Ma quelli erano gli anni novanta. Reagan e Thatcher avevano già tracciato il solco per la merda, ma la gente era ancora timida per cagarci dentro.
Ha vinto Trump. Mi lavo i denti e penso alla sua campagna elettorale: meme su Internet, frasi a effetto, vuoto totale. Un sacco di gente ha vinto senza avere fondamentalmente nulla da dire, ma qui siamo al parossismo. Il programma elettorale lo si può cercare tra gli urlatori di internet, i cosiddetti haters, tra i minchioni che piuttosto che farsi un esame di coscienza vanno a rompere il cazzo a mezzo mondo comodamente seduti sulla poltrona di casa. Sputo fuori il dentifricio. Come è possibile che siamo finiti così in basso? Eppure il mondo è stato un posto migliore. Non che fosse più bello, ma in prospettiva sembrava poter migliorare, evolversi. Ora no. Per niente.
Il motore tossicchia. L’interno dell’auto è freddo. Mi osservo le mani giunte tra le cosce strette. Magari Trump adesso si mette a ridere e dice: ma mi avete votato per davvero? Ma va là, ma siete proprio dei pirla.
E invece dice altro.
E i commentatori alla radio dicono altro ancora e quell’altro ancora è il contrario di quello che hanno detto ieri. E basterebbe invece dire: non ci capiamo più un cazzo. Il mondo ha preso una piega strana. Boh. Speriamo bene.
Mi allaccio le cinture. Mi attende un lungo viaggio.