Tom Waits – Innocent when you dream
Quando ero bambino e tenevo le ginocchia sempre sbucciate e il sudore ancora non mi infastidiva il collo amavo inseguire le galline che nel tardo meriggio mia nonna lasciava libere di brucare nel prato antistante casa. Ma era divertimento di breve durata: dopo pochi metri di corsa queste infilavano la testa in un cespuglio e finiva così lo spericolato inseguimento. Mia nonna mi spiegava che quella strana abitudine era un metodo, certo poco efficace, di nascondersi dai predatori: loro non vedevano il rapace e credevano il rapace non vedesse loro. La proverbiale intelligenza delle galline. Tuttavia a me questa spiegazione non piaceva per niente. Preferivo immaginare che queste bestie pennute fossero solamente stanche di fabbricare uova e farsi rincorrere da chicchessia e preferissero abbandonare un mondo avaro di soddisfazioni per immergersi in una dimensione onirica dove ogni gallina era servita e riverita. E magari considerata intelligente come un cane o una scimmia.
Senza considerare che una tecnica simile la adottavo pure io. Non ho mai avuto paura del buio. Lo consideravo, anzi, un fedele alleato che mi permetteva di nascondere al giudizio altrui i pensieri inconfessabili, le inadeguatezze e le paure a cui nemmeno sapevo dare nome. Non c’erano mostri sotto il mio letto, non c’erano nemmeno spiriti a volteggiare sopra il mio capo. E se c’erano non mi infastidivano.
Ancora oggi il buio della mia stanza da letto è tra gli amici più intimi che ho. Non parliamo molto, solitamente durante i nostri incontri io mi corico e inizio a divagare e prendo numerose tangenziali e vie traverse, ma in breve tempo finisco per ritrovarmi imbottigliato al solito semaforo. E allora chiudo gli occhi. É buio e quindi non saprei giudicare, ma penso che l’innocenza sul mio viso sia quella di allora.
É importante concedersi un momento di innocenza. E avere qualcuno con cui poterlo condividere.
Ti voglio bene, buio.