Pink Floyd – The great gig in the sky
Ho scoperto che dove vivo io c’è un cielo bellissimo. Nessuno ci fa mai caso, e anche quando cerco di farlo notare alle persone difficilmente qualcuno alza lo sguardo dandomi una minima chance di ragione. Cala piuttosto un momento di silenzio in cui la persona in questione si chiede se io abbia realmente detto quello che ho detto: che Aversa, a volte, ha un cielo meraviglioso. Sembra un ossimoro alle orecchie di chi vive qui, ficcato in quella che un tempo era una palude tra Napoli e Caserta e che oggi conta sessantamila anime inquiete la cui discussione meriterebbe un trattato a sé. Forse è perché un cielo bello siamo abituati ad immaginarcelo circondato di un paesaggio altrettanto bello, una campagna, una spiaggia, lo skyline di una grande città, e se vivi in un posto che di poetico sembra non avere nulla ad un certo punto smetti pure di guardarlo. Come per inerzia prosegui nella tua più o meno abitudinaria vita mentre sopra di te The great gig in the sky, il grande show nel cielo, si disvela agli occhi pensierosi dei sognatori. Colori cangianti, chimici, sbuffi di nuvole che si scavalcano in cerca di una collocazione su quell’enorme palco, e quando la trovano si adagiano come statue di marmo pregiato, come mettendosi in posa per essere colte da occhi che le ammirino. Un punto di fuga nel quadro della vita che, lo sappiamo, a volte risulta essere complicata, ma anche una valida metafora che ci invita a non essere distratti e prevenuti, a cercare la bellezza anche dove mai ce l’aspetteremmo, a volgere quello sguardo verso luoghi in cui probabilmente non cammineremo, ma che inspiegabilmente, e di questo sono certo, ci diranno qualcosa in più su come camminare lungo la nostra strada. Anche se è piena di buche.