Che tempo è questo?
Che tempo è questo?
Erano giorni senza entusiasmo. Giorni come tanti. Un inverno simile a tanti altri inverni.
Il sorvolo lieve sulle sponde delle primarie allegrie sfocava ogni volta che lo sguardo tentava di acchiapparle, fuggivano disperdendosi tra le pieghe della tenda o sotto i tappeti della stanza, tra polveri, libri e fumo di tabacco.
Che tempo è questo?
Un’attesa lunga e fastidiosa.
Eppure, le allegrie, tra gli schizzi della memoria ritornavano a sorpresa. Speranzosi gioiosi dialoghi e abbracci di simile tenerezza da riempire un bicchiere con gocce di pacifica, salvifica contentezza. Sorsi passionali dal gusto genuino, come il puro benessere per un esame andato a buon fine.
Fuggivano, le allegrie, disperdendosi tra le pieghe della tenda
riempire un bicchiere con gocce di pacifica, salvifica contentezza
La città era sempre uguale a tante altre città.
La sera, per il fine settimana, la strada si riempiva di folla, come tutte le strade consumate dal benessere drogato dal fashion neoliberista: quasi Natale, quasi festa, quasi volesse la folla governare l’eternità di una promessa.
Tutto brillava.
Rosso, verde e giallo, mischiati tra loro, imponevano un desiderio, una ragione per guardare avanti e ogni cosa dalla finestra sembrava invitare alla festa.
Ehilà? Ehilà? Sono qui! Vi vedo dalla finestra. Vi vedo. Posso partecipare? Ehilà! Ehilà!
Che tempo è questo?
Vi vedo dalla finestra. Vi vedo. Posso partecipare? Ehilà! Ehilà!
L’aveva tra le mani, riscaldata dal tepore che la lievità improvvisa della piccola lampada generosa gli restituiva.
L’azzurro della carta, preziosa maniera di ospitare fantasmi ed eroi, disperdendoli nei segni delle parole, senza che il colore confondesse la rilevanza del sicuro prezioso messaggio, custode probabile di un dono velato da rivelare con la fatica della lettura, non gli impediva di scorgere, nel fondo della lettera, la sua firma.
Con essa, però, ebbe la certezza di avere tra le proprie mani il segno, meno in assoluto insignificante, del proprio destino.
– Non tornare più – c’era scritto.