L’equazione dell’Amore
Aveva scelto di essere un clown e dimenticato il quantum entanglement e l’equazione più bella della fisica.
La giornata nel circo era finita e Pierre rimuoveva a fatica la sua maschera buffa.
Aveva sgobbato fin dal mattino per organizzare e provare lo spettacolo.
Aveva controllato ogni piega del costume di scena.
Aveva provato e riprovato ogni battuta e deformato, davanti allo specchio, l’espressione di ridicole risate.
Aveva caricato con la matita scura il solco profondo dei suoi sessant’anni suonati.
La sua anima, come il suo corpo, si camuffava ogni giorno nell’ipocrita gioia della finzione.
Alle ventuno in punto era già stanco ma doveva andare in scena.
Show must go on!
L’ultima di sette repliche lo aveva sfiancato. Tutto era andato come al solito. Aveva visto i mille volti ridenti del pubblico di bambini festosi. Aveva sentito un coro entusiasta di voci e il fragore di piccole mani felici. La musica e i colori del circo lo avevano travolto ancora una volta e trascinato nel mondo fantastico dell’illusione.
Era già notte inoltrata. Prima di stendersi sul letto aveva rimosso dal viso il pesante trucco di scena. Allo specchio, pian piano, la falsa risata e la viscida burla avevano ceduto alla cupezza autentica di un volto disfatto.
Per fortuna era domenica. Il giorno dopo avrebbe potuto riposare e rilassarsi.
Allo specchio, pian piano, la falsa risata aveva lasciato il posto alla vera cupezza di un volto disfatto
Si addormentò.
Era quasi l’alba quando un sogno inquietante lo fece sussultare. Impaurito il suo cuore batteva nel petto come un tamburo.
Si mise seduto. Cercò di ricordare.
Nel sogno, creature mostruose quasi umane e deformi si contorcevano e urlavano un sordo dolore, mentre lunghi capelli biondi sfumavano piano dietro le porte di un treno.
Si riscosse e guardò nell’angolo semibuio della stanza. Accanto alla specchiera, gli sorrideva beffardo il disegno colorato della maschera buffa che tutti i giorni dipingeva sul viso. Il volto con cui presentava se stesso sul palcoscenico per nascondere il suo. Una seconda pelle che poi non riusciva a rimuovere del tutto, lasciava qua e là tracce indelebili. Era rimasto lì, testimone arrogante di consuete menzogne.
Confine tra sogno e amaro reale da cui rifuggire.
Il volto dell’amore perduto molti anni prima sui banchi di scuola comparve improvviso sullo scaffale della libreria. Gli occhi si posarono su un vecchio libro di fisica. Sulla copertina l’equazione di Dirac a cui, tanti anni prima, aveva aggiunto un piccolo cuore rosso.
Lo aprì. Al suo interno c’era un biglietto mai spedito.
Oggi voglio dirti qualcosa di bello. Se due sistemi interagiscono fra loro e poi vengono separati, diventano un unico sistema e continuano a interagire anche se distanti anni luce.
Non dimenticare mai l’equazione più bella della fisica – (∂ + m) ψ = amore –
Il tuo Pierre
Quantum entanglement
Credeva di aver rimosso dalla mente e dalla vita la dolce compagna di sogni giovanili. Non aveva versato una lacrima e aveva convulsamente strappato in mille frammenti le foto che li ritraevano insieme. Aveva creduto di distruggere ogni traccia di lei. Era convinto di aver cancellato ogni cosa, come faceva ogni sera col trucco di scena.
Nel sogno, creature mostruose inumane e deformi si contorcevano e urlavano un sordo dolore mentre lunghi capelli biondi sfumavano piano dietro le porte di un treno
Impostore di un pagliaccio! – disse a se stesso. Ogni giorno hai creduto di essere ciò che non sei e che non vuoi essere.
Non riesci a distinguere la maschera dal tuo vero volto… Eppure sei tu quando reciti e tingi il tuo viso.
Nel cielo che l’alba iniziava a schiarire correvano nubi minacciose di pioggia e piano portavano via le inquiete presenze del buio che andava a morire.
Nell’aria restava un legame, quell’interazione profonda con l’io più nascosto di chi si disperde nel vento ma lascia la traccia inattesa di un’eco lontana.
Rise allo specchio osservando le rughe e i segni indelebili delle sue vere sembianze.
Gli occhi si gonfiarono di lacrime e…
finalmente pianse.