Il Migliore Dei Mondi Possibili
Il nostro è il migliore dei mondi possibili, come diceva il filosofo Leibniz alla fine del 1600. Di sicuro aveva le sue buone ragioni per dirlo e nessuno qui ha intenzione di affermare che avesse torto. Tuttavia, non sempre il migliore dei mondi possibili è quello dove alcuni di noi vorrebbero andare a vivere di propria spontanea volontà. Il migliore dei mondi possibili odierni, quello in cui bighelloniamo la nostra esistenza, può rassomigliare pericolosamente alla caotica Pangea in cui la terra imperversava prima che i continenti si separassero. In poche parole, siamo immersi in un caos magmatico di inaudite proporzioni. Guerre, carestie, terrorismo, emergenza migranti, disoccupazione, schiavitù sul lavoro. Il tutto unito da tante risate stile talk show del sabato sera, un pizzico di menefreghismo e di collettiva omertà, e ormai una placida rassegnazione a pensare che tutto questo sia normale. Che se i datori di lavoro non vogliono più pagare i dipendenti, è giusto così: tanto il loro lavoro non vale niente; se dovessi pagare loro, poi anche i masturbatori seriali, i pirati e le casalinghe di periferia pretenderebbero un salario. E’ normale che ci siano gli attentati, gli stupri, e altri innocui passatempi. La colpa è dei politici che fanno annoiare le persone, senza fornire loro entusiasmanti attività, spettacoli di intrattenimento e gite a Disneyland per tutta la famiglia.
Una fiera ormai agonizzante, una carovana di circensi senza più animali o nasi finti da esibire. Così si potrebbe definire il migliore dei nostri mondi possibili. Quello che più spaventa è che pare che nessuno sappia rispondere ad alcune domande basilari: come si è potuti arrivare a questo punto? Che cosa è successo durante il cammino? Perché la logica è diventata illogica e viceversa? Forse tutto è riconducibile al caos, alla paura, all’incapacità di agire di tutti noi. Ma nonostante ciò, quando ci viene data la possibilità di agire, finiamo sempre per fare la cosa sbagliata o meno opportuna, come i nostri amici inglesi hanno dimostrato con la Brexit. Isolarsi da un sistema centralizzato e unificato non è una scelta oculata o intelligente, come non lo è chiudere le frontiere, ritornare alla preistoria dell’Europa, quando ognuno faceva da sé e rimaneva da solo il giorno del suo compleanno perché gli amici non erano stati invitati a mangiare la torta.
Qualcuno forse pensa che quest’apertura sia una minaccia, che globalizzazione e mondializzazione abbiano fallito, e sinceramente sono d’accordo con voi. Questi fenomeni, applicati nella maniera che tutti conosciamo, hanno fallito. Ma scappare da essi o rifiutarli non rappresenta un grande balzo in avanti, quanto piuttosto una reazione infantile al problema, un tentativo di scacciare lo spauracchio cattivo senza nemmeno provare a dialogarci, a capire, a usare la logica e non la pancia. La stessa cosa avviene con i migranti, un problema complesso, affrontato troppo tardi e forse ora irrisolvibile. Possiamo fare come proponeva Maria Antonietta: I migranti non hanno il pane, mangino pure le brioche. In alternativa possiamo rimboccarci le maniche, esplorare il problema, accostando l’orecchio a quello dell’altro, perché è ascoltando che si trovano spesso le soluzioni, o i punti d’incontro dai quali costruire un percorso.
Oggi però sembra preponderante un diktat: Usiamo la pancia.
Usiamo la pancia con Brexit, con il terrorismo, con l’immigrazione, e con qualsiasi problema si presenti alla nostra porta. Pensiamo che marcare le divisioni, spartirci il territorio, fare i separatisti e i protezionisti delle nostre tradizioni e culture ci renda migliori. Ma è nella nostra capacità di mescolarci, di fare sintesi tra diversi punti di vista, di amare e essere amati che risiede la nostra caratteristica più umana.
Ora se qualcuno vuole continuare sulla strada della non logica, della divisione e della violenza è libero di farlo. Io preferisco uscire dal coro però, lasciare le tradizioni e le culture a voialtri. Se davvero dobbiamo andare verso la disgregazione di un mondo unito, civile, aperto agli scambi e alle nuove idee, allora l’entità che alcuni di voi chiamano “Italia – stato sovrano”, può pure riprendersi il mio passaporto e la mia nazionalità. Scrivetemi “Alien” sul documento. Mi sembra un appellativo molto più fondato e veritiero di quello che molte persone, in cuor loro, mi affibbierebbero.