Le vostre manie mi hanno rotto
Ho sempre avuto un rapporto difficile con le manie dei miei coetanei. Tutto è iniziato quando ero infante e i bulbi piliferi delle mascelle riposavano ancora. E quelli del cranio, aggiungo, non erano ancora gli scansafatiche degli ultimi anni. Ai tempi andavano di moda telefilm come Beverly Hills e scarpe come le Nike Air, che ho tra l’altro scoperto essere tornate all’ordine del giorno.
Allora non ero come adesso, non mi bullavo di essere controcorrente, lupo solitario e segate varie per giustificare una vita di successi stentati. No, allora ci provavo a farmi piacere le cose che piacevano agli altri. Poi però finiva che a Beverly Hills preferivo la pubblicità sul retro di copertina della rivista Oggi, dove una suadente signorina leccava non senza malizia (ma pure con una certa dose di talento) un sinuoso dito indice per l’occasione tuffato in una forma di gustosissimo Gorgonzola. Quanto alle Nike Air, ricordo tutt’ora gli strali di mia madre: con quello che le ho pagate, col cazzo che ti ricompro qualcosa. Adesso le porto a tuo cugino, al tuo vicino, ai bambini curdi, a quelli bengalesi, al tuo peggior nemico.
Ma io non la facevo apposta, davvero ogni qualvolta vedevo più di tre persone smaniare per qualcosa mi pareva di essere nel bel mezzo di un cenacolo di stronzi. Talvolta, quando le tare erano particolarmente evidenti, provavo pure
Poi però finiva che a Beverly Hills preferivo la pubblicità sul retro di copertina della rivista Oggi
Quindi, sempre che ve ne interessi qualcosa e mi auguro di no per voi, se anelate alla stima del sottoscritto lasciate perdere le frasi #tuttoattaccato, i tormentoni, i must have (mentre digito questo immondo inglesismo immagino di lanciare un gattino in fiamme contro un negozio di H&M), non vi pettinate e vestite come tanti soldatini che a militare non ci si va più da un pezzo. E non mi proponete Ibrahimovic come maestro di vita. E soprattutto non mi dite che il trash è bello. Perché è il contrario. Pure lui lo sa di essere brutto. Monnezza, appunto. Suvvia.
Del resto la colpa non è vostra. In un mondo fintamente libero dove l’immagine, a differenza delle persone, circola velocemente da una parte all’altra del mondo e produce più cash di cento operai malesi, non è facile abbandonare il gregge per cercare vie traverse. Che ci sono, sono tante, molte più che in passato. Ma il gregge è un fiume in piena. Potente, suadente, intrigante.
E io sono convinto che alla fine del mio sproloquio molti accenneranno un si con il capo. Bene, aspettate il gran finale prima di schierarvi dalla mia. Perché quanto sto per dire non lo reggerete di certo.
Non esiste che guardiate cento serie Tv alla settimana. Che al bar diciate: sono rimasto/a a corto di serie Tv, come farò ad arrivare a fine mese! e dicendolo sorridiate. A me pare cosa da imbecilli stare attaccati ad un laptop a guardare tutto ciò che ci propalano gli yankee. A forza di ingurgitare storie malsane di periferie stelle e strisce per tredici ore al giorno non immagino cosa ne sia della vostra capacità di sdraiarvi nel letto e pensare per miseri dieci minuti all’oramai demodè cazzo di niente.
Mode passeggere. Manie generazionali. Nevrosi collettive. Riti comunitari. No, no e no cazzo. Rivendico il mio diritto ad una vita infelice di bastian contrario. E ringrazio Dio di non avermi fatto nascere durante una rivoluzione, altrimenti con la testa che mi ritrovo so già come andava a finire.
Il popolo da una parte, la mia testa dall’altra.
In un cesto.
Zac.