Il Feudo in Alezio, gusto contadino
Una serata che non sai cosa metterti. Il fresco di sera, di quelli d’agosto col vento che pizzica la pelle. Maniche di camicia sarà l’ideale, che poi si srotola all’occorrenza coprendo anche le braccia. Seduti al tavolo c’è odore di casa. Si respira intimità, mentre al naso sale l’odore di fuliggine della brace che s’appresta ad ardere.
Le pietanze sono un trionfo di genuinità, e colpiscono con colori sgargianti gli occhi ancor prima che il palato. Pittule leccesi per antipasto (chiamatele zeppole solo se volete farvi un nemico), frutto di mani sapienti che sanno ancora mescere ingredienti con l’inesorabile lentezza di chi sa che la fretta è nemica delle cose buone. Presto e bene da queste parti sono ancora inconciliabili. E la cucina scorre lenta come la serata. Se vai di fretta in Puglia devi rallentare. Ci penserà il vino a fartelo fare. Il caldo Primitivo, vivace ai sensi, e in grado di intorpidirli che nemmeno sai come e perché. In Salento non puoi andare di corsa.
Arrivano un gateau di patate che in terra di Puglia ha perso l’accento francese, e una parmigiana di melanzane che è un elogio ai sapori dell’orto. Tonno e patate. Hai detto niente. Valle a fare, tonno e patate così. Ingredienti semplici che sono una sfida vera e propria, uno schiaffo teso col guanto alle gastronomie complicate. Ancora melanzane, e peperoncini verdi costellati da un olio che ha splendidamente il colore, l’odore, la consistenza dell’olio. Dite pure che è banale, ma è olio vero.
Pomodori secchi che accolgono scaglie di morbida ricotta, e ciascuna di queste potrebbe intrattenerci per ore raccontando storie di contadini e di intere tradizioni casearie. E sul formaggio, marmellata di gelsi. Di quelle riuscite per caso, e il cui segreto è tramandato di madre in figlia. Intere equipe di chimici industriali dilapiderebbero cospicui bilanci aziendali e impiegherebbero generazioni per farne una buona la metà. Arrendetevi prima di cominciare: uguale è impossibile.
Potrebbe già bastare, ma no: non siamo che agli antipasti. Il vino scorre in gola e si travasa come per osmosi nel resto del corpo. Orecchiette al ragù per le quali ogni elogio risulterebbe offensivo. E cavatelli alle cozze che rappresentano per le cozze la ricompensa nel loro aldilà. Se fossi nato cozza vorrei morire così.
Mani esperte conducono la brace come un pianista il pianoforte. Si percepisce improvvisazione; se fosse musica sarebbe certo jazz. Salsicce, costine, spiedini assortiti; anche con un repertorio classico si può suscitare l’applauso del pubblico. Gamberoni imperiali alla brace. Non credevamo che il paradiso fosse così a portata di mano.
Per dire frutta, in Puglia, dite fichi. Neanche a dirsi.
Siamo ad Alezio, oasi di tranquillità così vicina al chiasso festoso di Gallipoli che se ci andate in auto il motore non si scalderà nemmeno. L’agriturismo è Il Feudo, che offre quello che avete visto, e quella ospitalità rurale che cercate dappertutto. Ma si fa presto a dire agriturismo. Questo è un agriturismo vero, con le nonne che fanno le marmellate e i nonni che scavano l’olio dalle olive. E ve ne fanno dono insieme a un bicchiere di vino, perché l’ospitalità è il marchio d’origine della tradizione contadina, e il vino in Puglia non si paga. Si offre e si ricambia.
Andateci, ne vale la pena.