Alla Fattoria, la carne buona d’una volta
Osservavo di recente, nella narrativa gastronomica, come la retorica vegana stia subendo un calo d’attenzione dopo un lungo periodo nel corso del quale, dopo l’entrata in scena sulla bocca di tutti (chi sapeva cosa fosse il tofu vent’anni fa alzi la mano!), aveva vissuto sulla cresta dell’onda. L’impatto ecologico delle nostre abitudini alimentari pare stia cedendo il passo a un discorso non meno complesso sulla qualità del cibo che ingeriamo.
Una specie di riscossa dei nutrizionisti sulle derive e gli eccessi di un certo ultraveganesimo, che appare da evitare come la peste al pari di tutti i fondamentalismi. E insieme un ritorno a un sano guardarsi allo specchio, ché se nostro Signore c’ha dato i canini, per quanto poco cagneschi, tuttavia un motivo in fondo ci sarà. Un discorso, questo della qualità, non meno complicato, e che pure sta conducendo ad altri eccessi e già generando altri fondamentalismi, dall’ultrabio al compro-solo-olio-evo.
Sembrano discorsi moderni, di quelli che fan fare figo all’happy hour; eppure no: sono discorsi antichi.
Se dovessimo individuare uno spazio della qualità faremmo di certo fatica, per quanti pochi ce ne sono. Ma se dovessimo indicare un tempo, non potremmo che volgere lo sguardo al passato. Alle cose di una volta. Perché una volta erano più buone, più sane, più genuine. Il discorso della qualità ha origini antiche, vecchie almeno quanto i nostri nonni. Chiedetelo a loro.
Chiediamolo per esempio ai nonni di Ciro, che da ragazzi si occupavano dell’allevamento e del commercio di bestiame mentre il papà si occupava del loro trasporto. Trent’anni fa, poi, per una di quelle ragioni che s’è persa nel tempo, gli allevamenti furono spostati da Portici alla montagna.
La fattoria di Ciro Veneruso. Nome alquanto insolito per una macelleria. Un nome che incuriosisce. Ma è un nome che rende omaggio al passato; a un passato nel quale si rintracciano le origini della tradizione che insegna ad avere rispetto del proprio lavoro, e a non abbandonare mai il sentiero della qualità. Ecco spiegata “La fattoria”.
Ciro ha l’aria scanzonata del ragazzone simpatico. Innamorato del suo lavoro, dicono non senza un filo d’invidia. Ciro ha sposato la carne, mi riferiscono. Lui ride e conferma, come rassegnato. E’ vero, ho sposato la carne. Insieme al fratello Francesco disegna i tratti di una tradizione che si afferma nella modernità. Una strada che conduce in modo giocoso all’innovazione gastronomica, a una sperimentazione condotta senza mai abbandonare il faro della qualità.
Scordatevi gli hamburger rinsecchiti da pochi euro al chilo. E se cercate tagli meno che pregiati, cambiate pure macellaio. Da Ciro non ne trovereste. Ma scordatevi anche di pagare poco i tagli pregiati: tutti devono avere un guadagno, dice. Ma io guadagnerei il doppio se solo volessi. Non fatevi fregare, basta ascoltarlo per capire che mente. Non ne sarebbe capace. Se gli chiedete chianina, avrete chianina. E pagherete la chianina per chianina. E’ questa la sua promessa, il suo marchio di qualità.
Un menù di presentazione alla stampa delle nuove produzioni talmente ambizioso da fare commettere imprudenze a chi in ottobre avrebbe voluto rimettere la testa a posto dopo aver fallito miseramente la prova costume. E talmente buono da convertire – forse – qualche vegano meno convinto. Tutti i fondamentalismi, d’altronde, hanno i propri apostati.
In accoppiata vincente con i vini pregiati proposti da Carmine Sarpone, Ciro ci ha fatto riscoprire com’era la carne d’un tempo.
Andateci, e sostenete chi sostiene la qualità… ne vale la pena!
Siamo stati alla presentazione alla stampa dei prodotti della macelleria La fattoria di Ciro Veneruso.
Le proposte gastronomiche:
Spalla di maialino nero casertano in salamoia e affumicata in legno di ciliegio con nocciole tritate, mela verde e olio evo;
Tartare di chianina Igp;
Hamburger gourmet di chianina Igp con misticanza;
Tagliata di chianina Igp con pomodorini freschi e rucola;
Spezzatino di nero glassato con riduzione di uva e castagne, contorno di purea di castagne;
Salsiccia di maialino nero casertano e friarielli amari di Volla;
Pane di San Sebastiano con soffritto.
In abbinamento:
Noble Rosè Franciacorta Docg Selezione Grand Vintage Ca d’Or
Elegia Primitivo di Manduria Dop Riserva 2012 – Produttori vini Manduria Maestri in primitivo
Lirica Primitivo di Manduria Dop Riserva 2013 – Produttori vini Manduria
Abatemasi negroamaro Salento Igp 2013 – Produttori vini Manduria
Madrigale Primitivo di Manduria Dop 2014 – Produttori vini Manduria