Fiamma
È sera, torno a casa. Chiamo. Fiamma. Nessuno risponde.
È autunno, si sono raffreddate le foglie, le cicale che restano anni sotto il suolo vengono alla luce per morire. I colori scoprono di poter mutare silenziosamente, e il rosa dei tramonti scivola sulla terra.
Fiamma sei in casa?
Silenzio.
La cicala non canta. La casa con la sua facciata bianca è muta, triste per il repentino abbandono del sole, si appoggia agli alberi che circondano il viale.
Entro. Tolgo le scarpe, le lascio sul tappeto di ingresso, i calzini via uno dopo l’altro li appendo sul Murano che scintilla in soggiorno.
Toh, non mi ha preparato nulla per cena. La stanza è immobile e le cose non stanno come dovrebbero. La tovaglia di lino bianco ricopre il tavolo, è apparecchiato ma non c’è cibo. Con una forchetta lascio tre righe invisibili sul piano.
Fiamma!
Questa assenza mi stupisce.
Prima di andare a lavare le mani infilo la testa nello spiraglio lasciato dalla porta della camera da letto. Le coperte sono tirate e non c’è una piega sembra che non ci abbia mai dormito nessuno. Mi aspetto da un momento all’altro che una cameriera passi con il carrello della biancheria.
Non ho spicci per la mancia
Fiamma. Allungo la a come se così potessi insinuarmi nel luogo in cui si nasconde e canto la vocale finale, la chiamo come farei con un bambino che si diverte a fare i dispetti. Non abbiamo figli. Soltanto lei ed io. Non potrei vederla amare nessun altro all’infuori di me.
Io Fiamma l’amo. Non c’è.
Fiamma, Fiamma è in bagno, rannicchiata in posizione fetale tra la vasca e il bidet, una posa innaturale, sembra che si prepari a nascere. La metamorfosi della mia bellissima cicala.
Scivolo sul sangue, finisco a terra accanto a lei e il suo sguardo vitreo a rispondermi: sono qua.
Non ricordavo che le piastrelle fossero così porose.
Ristrutturiamo aveva detto.[/pullquote]
Mi soffocavi Fiamma. Mi stordivi. Mi infastidivi.
Silenzio non risponde.
[/pullquote]Ecco, parlo di te già al passato, eppure sembra che tu sia appena stata partorita. C’è un coltello lungo e sottile poggiato sul lavabo, ha tagliato il cordone.
Mi soffocavi Fiamma. Mi stordivi. Mi infastidivi.
Silenzio non risponde.
Sei qua, ti vedo maleducata, nonostante tutti i miei sforzi. Sei come tua madre, le somigli sempre di più, ma io non sono tuo padre.
Mi rialzo, ho le mani lordate, i piedi appiccicosi, sembra mi abbiano dato lo smalto alle unghie. Ah, ah, ah, guarda Fiamma.
Non risponde, i bambini devono piangere subito, tu non hai pianto, hai gridato.
Fortuna che abitiamo in una villetta isolata, non ci sente e non ci vede nessuno. Se avessimo dei bambini sarebbero felici di abitare in campagna.
Il vento smuove le gocce di Murano e i cristalli rotti dei tuoi occhi. Non hai cucinato per me, spendi troppo Fiamma.
Il SUV, le vacanze, i trattamenti estetici, peccato avevi appena fatto la pulizia del viso, sì le ricevute erano nella tua borsa assieme al biglietto da visita di un avvocato divorzista.
Stasera devo accontentarmi, per fortuna non hai cucinato, si sarebbe freddato tutto.