Ulysses in loop, carne nera di sole
Carne nera di sole assetata d’amore.
Forte come un ariete, rabbioso come una tempesta sei arrivato da me una mattina calda e luminosa come mai l’avevo vista.
Perché ferirmi adesso cosi?
Perché scappare alla maniera di uno scaltro meschino furfante?
Ricordo quel giorno. Ricordo l’odore del tuo sudore, l’umido della tua carne nera-nera di sole assetata d’amore.
Uno sguardo, un tremore, un sorriso maliardo, lo sfiorare la mia mano, cosa fu che di te mi catturò?
Io, Calipso, regina tra le regine, poetessa di canto e di versi sussurrati al tramonto quando la quiete disperdeva umore tra le fatiche del giorno, umana non umana che importanza aveva?
l’umido della tua carne nera-nera di sole assetata d’amore
Ero io che regolavo il tempo dell’uomo.
Io che avrei potuto renderti immortale.
Io che avrei potuto donarti lo scorrere eterno del sangue che non è sangue.
Notti e notti, accucciata nell’angolo scuro dell’alcova, stavo a guardarti, ore e ore, sperando di scorgere dal tuo volto il vero tuo volto, sarebbe bastato un riflesso della luce sul tuo ciglio per capire che non sognavi di me?
Ah, ingenua femmina sono stata!
Eccolo il viaggiatore, l’eroe dei Ciclopi, che, passo dopo passo, accresce il suo potere nutrendosi soltanto del disegno voluto dagli dei.
Ma quali dei? Quale dio sarebbe così malvagio?
Io che avrei potuto donarti lo scorrere eterno del sangue che non è sangue.
Il viaggio che non ha fine, il viaggio che non teme il fuoco della pazzia, il viaggio che non rifonde pietà, ma morte, tragedia e solitudine.
Tu, Ulysses sarai il vincitore, il pellegrino che sfiderà l’impossibile, abbatterà l’usurpatore, liberando la sposa e il trono, ma di me cosa racconterai?
Chi dirà di me? Chi canterà di me?
Di Calipso, che oggi abbandonata da tutti, spezzata dal dolore, cerca di sopravvivere raccogliendo le briciole di ciò che mi resta di te?
Già lo so che, pure lacerando le sue vesti, la vera sposa, non fermerà la furia della tua fame! Quell’ingorda pretesa di scavare nella polvere per edificare il tuo dominio sulla terra, resterai solo e non basteranno le mie lacrime e quelle della tua regina per spegnere il fuoco della tua voracità.
il viaggio che non rifonde pietà, ma morte, tragedia e solitudine.
Tessuti i fili della pazienza, anche gli dei, un giorno, ti chiederanno ragione, Ulysses, per questa tanta mia e nostra sofferenza.
Il racconto con il titolo ” Carne nera di sole assetata d’amore. Il mito senza volto” è stato pubblicato sulla Rivista d’Arte e Scienza NOVA – 2016 n.°61.