Odori e storie
Con la bella stagione le finestre restano aperte. Da lì entrano luce, calore, qualche insetto dispettoso, un refolo di aria sciroccosa o di fresca tramontana.
Ma entrano anche odori che raccontano di storie. Odori fioriti di aiuole al massimo dello splendore, oppure essenze che profumano la pelle delle donne, rendendole più belle, o, al contrario, odore di sudore e fatica di gente che lavora.
Ma soprattutto, odori di cucina. Aromi che vanno a solleticare il palato, l’olfatto e anche la fantasia.
Mi piace cercare di indovinare il tipo di pietanza in cottura, chi la sta preparando e magari anche perché. Dietro ogni scia una ricetta, dietro la ricetta una mano che la esegue e dietro la mano una persona, una famiglia: una storia, appunto.
A volte gli odori si mescolano, ma io cerco sempre di identificarli e separarli. Sembra di essere al ristorante, con una gran varietà di portate a disposizione dell’immaginazione.
La domenica è facile avvertire il profumo della grigliata. Ed è altrettanto semplice individuare chi si è messo all’opera.
Di solito è qualcuno che ha un piccolo giardinetto con annesso barbecue o forno in pietra dotato di griglia. In città non sono così frequenti, ma ci sono. Oppure, non manca mai, c’è l’appassionato che griglia per tutti mettendo la brace sul balcone di casa. Fosse pure al decimo piano. Se poi è uno bravo, si diffonde solo il delizioso profumo di arrosto.
Se non lo è sarà molto probabile che si diffonda il fumo più del profumo e se qualcuno avesse il bucato steso addio: acquisterà un irresistibile, insopportabile odore di affumicato. E se sul filo ci sono lenzuola o pigiami bisognerà rassegnarsi ad andare a letto con una salsiccia o una costina. O almeno a immaginarselo, complice appunto la nuvoletta maliziosa.
Dunque il re della grigliata di solito non è uno solo. Alla moda degli americani il weekend è dedicato al fuoco e sono in tanti a goderselo.
Più facile è risalire la scia degli aromi speziati che escono da una finestra ben definita. Diciamocelo, la cucina aromatica è spesso etnica. Aglio, cipolla, curry, agrodolce, zenzero, menta… tutto il mondo concentrato in qualche spezia. Oriente e Magreb, Egitto e Bangladesh entrano in casa sulla scia non di un tappeto volante, ma su quella di un cibo dalle profonde e antiche radici. E in un attimo vedi odalische, tavolini bassi, tappeti preziosi, esotici servizi da tè e magari pure le bacchette da riso.
La fantasia vola, la realtà però forse è un’altra, fatta di difficoltosa integrazione, di rassegnata e malinconica lontananza dalla terra di appartenenza, di ostinata caparbietà a non dimenticare tradizioni secolari anche in terra straniera. Abbiamo tutti dei vicini forestieri, se pure non li vediamo lo scopriamo da ciò che cucinano. Se aprissimo le porte dei nostri appartamenti, invece di chiuderle e alzare i muri, se lasciassimo entrare gli odori e le storie, io credo che il nostro piccolo mondo sarebbe molto più bello. E gustoso.
Senza contare che potremmo fare uno scambio.
Affiniamo le narici… quello che invade la tromba delle scale non è per caso un appetitoso profumo di peperonata? E quest’altro, non è di fegato alla veneziana? Quanto a odore di cipolla non li batte nessuno, e non si tratta di piatti etnici, sono piatti italianissimi.
Ecco, almeno sul cibo le differenze dovrebbero indurre a curiosità. La cultura ad esso legata è immensa, variopinta, non basterebbe una vita ad assaggiare tutto, a provare tutto, a togliersi lo sfizio e imparare qualche gusto nuovo.
Ammettiamolo poi, a volte gli odori non sono proprio così gradevoli, al di là delle varie tradizioni. Forse che il cavolo lesso, così comune dal nord al sud della penisola, ha un olezzo così invitante?
Però, specie là dove so esserci bambini, ecco che ritrovo un profumo universale: quello di patate fritte. D’accordo, può essere definito puzza, specie quando s’impregna sui vestiti innocenti che restano appesi nelle vicinanze, o che hanno la disgraziata sorte di essere indossati in quel momento e quindi di impigliarsi nelle molecole frittolose che aleggiano ovunque… ma è impossibile evitarlo: chiunque incappi nel profumo di patate fritte non riesce a trattenere una bavosa acquolina mentre si raffigura una montagna di bastoncini gialli, croccanti, caldi e salati al punto giusto. Mmmmmmm…..
chiunque incappi nel profumo di patate fritte non riesce a trattenere una bavosa acquolina
C’è ancora qualcosa che solletica le papille gustative con la stessa intensità delle patate fritte, qualcosa di diametralmente opposto. L’odore di torta, o comunque di dolce, appena sfornati. Alla mia finestra arriva spesso e porta con sé risvolti malinconici.
Al piano terra abita un’anziana che vive da sola. La sua storia la conosciamo tutti nel vicinato. Giovane vedova prima e poi sola al mondo, quando la famiglia del figlio (lui, la moglie e due bambini) è stata cancellata da un incidente stradale. Lo shock è stato terribile e la povera donna ha rifiutato la realtà. In un sottile equilibrio tra lucidità e follia vive la sua vita continuando a preparare squisite torte per i nipotini che mai potranno gustarle.
Lei sa che non li può più vedere, per qualche strano motivo questo lo ha accettato. Ma sforna torte e biscotti in continuazione e poi li lascia sulla sua finestra. Una sorte di struggente Nonna Papera che sa come viziare e prendere per la gola i nipoti. E non solo loro. Quando il profumo si diffonde, tutto il vicinato sa cosa deve fare.
Per un tacito accordo mai ufficializzato si passa davanti alla finestra e si porta via una fetta di torta, un biscotto, un pasticcino, fino a che nel vassoio non resta più nulla. Un po’ per ciascuno, ladri di gola come l’orso Onofrio dei fumetti.
Ma non è un furto. La Nonna, come la chiamiamo tutti, è felice, dice a tutti che i suoi nipoti vanno matti per le sue creazioni e ripuliscono perfino le briciole. È lo scopo della sua esistenza soddisfare la voglia di buono di quei bambini che non cresceranno mai più. Una disillusione le sarebbe fatale.
Perciò, quando alle nostre finestre arriva il dolce aroma di torta, col cuore stretto passiamo davanti alla sua al primo piano e allunghiamo una mano verso il davanzale. Sperando che il profumo, con tutto quell’amore, arrivi anche in Paradiso.