IL TACCUINO NERO (parte seconda)
Un taccuino nero con la strana etichetta. Michel non fa che rileggerlo, quasi ogni giorno.
- Vicino al molo, nuvole basse avvolgono i colli in declivio sul mare e lame sottili di luce, scompongono l’aria in chiazze d’azzurro qua e là. L’imponente scogliera si tuffa a strapiombo nell’acqua. Come ogni giorno, ho cercato mio padre, per raccontargli il sogno dell’ultima notte. Credevo di essere un gabbiano. Avevo fame. Cercavo riposo sulla scogliera e poi ritornavo a guardare il mare.
- La voce di mio padre ha il suono del mare. Mi chiede di smetterla con l’inutile vagare. Una lunga ombra s’insinua come un serpente nei chiaroscuri degli scogli appuntiti. Papà! Ho urlato. L’ombra è scomparsa e un gabbiano si è alzato in volo.
- In casa ci sono strani rumori. Mi sono lasciata cullare da mia madre come avessi tre anni. Lei mi guarda come fossi un dipinto. Parole svaniscono in un mondo lontano. Davanti a una foto, ha iniziato a parlare di mio padre. Sono uscita dal labirinto. Ho ascoltato. Il racconto traccia l’immagine di uomo perfetto. Io so che mio padre vive nel mare.
- Ho cercato mio padre nei miei colori. Con il pennello ho generato immagini inerti, come le foto sparse per casa. So che fra poco mi addormenterò, con la cantilena di sempre. Domani come ieri… come oggi… come sempre…
Credevo di essere un gabbiano. Mi tuffavo in picchiata nelle onde ma il vento mi spingeva oltre
- Ho trascorso la sera distesa sul divano, ho fissato il mio punto sul soffitto, finché mia madre… Domani sarà un altro giorno di scuola e lavoro! Buona notte, Nicole, dormi bene, piccola mia!
La sua vecchia insegnante ha un ricordo chiaro di Nicole.
“Sul suo banco c’era sempre un libro aperto e il piccolo taccuino nero. Sulla copertina, la strana etichetta: un cerchio rosso con un quadrato azzurro all’interno. Le chiesi il significato di quella figura. Il cerchio è tutto il mio essere, il quadrato è il mondo reale. Io cerco di mettere insieme le due cose, mi disse.
“Quando era interrogata, sembrava svegliarsi da un sonno profondo e il suo viso si camuffava nella maschera buffa di un falso sorriso. Non dimenticherò i suoi temi. Motivi dominanti… la monotonia della vita, l’inutile inseguirsi del dì e della notte, e cose di questo tipo. Non servì a nulla parlarne con la madre. Eleonore mi considerava incapace di comprendere sua figlia. Era vero. Quel che ignorava è che neanche lei percepiva il suo mondo.”
Il cerchio è tutto il mio essere, il quadrato è il mondo reale. Io cerco di mettere insieme le due cose
Il mare ribolliva nella baia. Piccole onde radenti annunciavano burrasca. I gabbiani si alzavano per brevi voli esplorativi. Poi, sugli scogli, rimanevano come in attesa che pioggia e vento, di lì a poco, li avrebbero indotti a cercare ripari sicuri. Quel giorno Nicole ascoltava il lontano fruscio delle onde, immobile, davanti al suo armadio. La voce di sua madre… Nicole, è tardi!
Agguantò il pantalone e una maglia. Infilò le scarpe e uscì, quasi correndo, dalla sua stanza. In cucina la colazione era pronta. Pane imburrato e caffè fumante spargevano in casa un rassicurante profumo. Sua madre, truccata e vestita, si preparava a uscire. Nicole si sedette a tavola e rimase a fissarla. Come sempre Eleonore non fece caso alla sua aria assente. Si avvicinò, la baciò sulla guancia. Buona giornata, piccola mia!
Poi uscì, richiudendo la porta alle spalle.
Nicole si avvicinò alla finestra. A parte il fruscio della siepe, il silenzio era totale. Nessuno per strada. Si guardò intorno. Suo padre dalle foto chiamava. Vieni, Nicole!
Uscì quasi fuggendo. La strada era vuota e il mare lanciava onde alte, fin oltre il muro del giardino. Più avanti il sentiero s’inerpicava sulla scogliera. Tante volte lo aveva percorso, per vedere dall’alto la baia. Alcune barche di pescatori lottavano contro corrente. D’impulso, imboccò il sentiero in salita, sotto la pioggia battente. Raggiunse il punto più alto.
Suo padre dalle foto la chiamava. Vieni, Nicole!
Un basso recinto di legno chiudeva il limite oltre il quale avrebbe visto le onde infrangersi contro gli scogli. Scavalcò il recinto e guardò lontano. Mescolato al fragore dell’acqua, di nuovo sentì la sua voce. Saliva dal mare. Aperte le braccia come due ali, si lasciò andare. Eccomi papà!
Una stretta improvvisa alla vita la fece cadere all’indietro e si ritrovò distesa sulla roccia bagnata. Gli occhi inondati dall’acqua non vedevano nulla. Poi… una voce maschile, ferma e calda: Tranquilla Nicole… tutto va bene.
Era Louis. Quella mattina anche lui ascoltava una voce portata dal vento, nel mare in tempesta.
Nella piccola città raccontarono di aver visto due ragazzi con i vestiti inzuppati.
Si tenevano per mano. Guardavano il mare.