La coscienza interiore di Smilzo
Dal tappeto dei giochi di mia figlia mi venne incontro un sottile suono come di monologo interiore.
Trattavasi di Smilzo e delle sue paturnie. Pare che abbia una coscienza, non lo avrei mai detto.
Sembrava un giocattolo così per bene, ma nulla è mai come ci appare. Comunque sia, non è niente di allarmante. Cosa sarà mai una coscienza? Per lo più è così interiore da essere totalmente ininfluente sul buon funzionamento della società. Cose di poco conto insomma, storie da balocchi appunto.
Ma concentrato com’ero sul lavoro (ergo, spudoratamente, nullafacendo col mio libro in mano) non volli fare a meno di ascoltare.
Colsi di soppiatto cosine interessanti. Ve le ripropongo traducendo quello che ho capito in un linguaggio consono al rango di umanoidi, che ci spetta di natura a quanto pare.
Cosa sarà mai una coscienza? Per lo più è così interiore da essere totalmente ininfluente sul buon funzionamento della società.
Diceva Smilzo accoratamente come parlando con se stesso:
– Notizie pessime dal fronte occidentale, direi, se fossi un uomo. Mi rendo conto che è difficile affettare indifferenza quando la si produce a blocchi così compatti e praticamente refrattari a ogni scalfittura. Con quale strumento la si potrebbe affettare, in effetti, un’indifferenza anaffettiva tale? D’altra parte, così com’è, è già più che presentabile.
L’indifferenza umana ha fatto passi da gigante negli ultimi vent’anni. Sarà stato il ventennio del biscione esteso sotto forma planisferica. Ma come si fa a non accorgersi che, sotto sotto, il tappeto è un’invasione di acari che hanno già iniziato una rivoluzione?
Sulla parola rivoluzione ebbi come un leggero soprassalto, diramatosi velocemente dalle parti del colon – quello tenue, ma credo trattavasi (più che di angosciosa aspettativa di eventi futuribili) di una caponatina deliziosa gustata a colazione, non appropriatamente o del tutto digerita.
Sarà che siamo fatti tutti della stessa fibra rossa, tutti made in China i nostri cuori di pezza, oramai.
Ripreso l’ascolto continuai a captare segnali dal profondo (per intenderci era sempre l’animo di Smilzo che parlava, lungi da me attribuire ad altri presunti torti o meriti, tutto era farina del suo sacco):
– Ancora non mi sono completamente assuefatto a quella che qui nei paraggi chiamano demenzialità. Eppure sono convinto di averne vista tanta in giro e di sorbirne in grande quantità ogni giorno che il buon Dio manda su questa terra. Peraltro, sempre di una qualità veramente pregiata (bisogna riconoscerlo) e meravigliosamente in costante, inarrestabile, entusiasmante miglioramento.
Sarà che siamo fatti tutti della stessa fibra rossa, tutti made in China i nostri cuori di pezza, oramai.
Profondo e commovente, quasi, questo soliloquio – mi trovai a pensare. Ma cosa me ne può venire a me, in fin dei conti, oltre ad un lieve e banalissimo ritardo nella digestione?
Nulla, assolutamente nulla, appunto.
Lasciamo che chi ha voglia di giocare giochi anche con le cose serie.