Belle and Sebastian – I know where the summer goes
Quando ero piccolo collezionavo le estati. L’ho fatto fino ad un paio di estati fa, quando ho capito che la magia dell’equinozio era oramai finita. Per sempre. E forse sì, ero finalmente diventato grande.
Ho un ricordo d’infanzia. Breve ma significativo. Ero al fiume con mio padre. Avevo una gran voglia di fare il bagno. “Papà facciamo il bagno?” “Non si può. Non più. L’acqua è fredda oramai.” “Perché l’acqua è fredda?” “Perché è settembre.”
A settembre l’acqua è fredda. Settembre è una fregatura. A settembre l’estate finisce.
Quando ero piccolo pensavo che l’estate si ripetesse sempre uguale a quella precedente. Non era così. Gli autunni. Gli inverni. Le primavere. Quelle si ripetevano sempre uguali: sveglia, scuola, compiti, a letto, sveglia, catechismo il sabato, stadio la domenica. Sempre uguale. Una boccata d’aria a Natale. Per il resto la solita roba.
L’estate no. Non era mai uguale a quella precedente.
Quando ero piccolo collezionavo le estati. Le catalogavo. L’estate 1991, ottima annata. 1993: sa di tappo. E valutavo mese per mese, stilavo una classifica che vedeva giugno fare la parte del leone. Anche luglio non se la cavava male. Agosto imprevedibile, settembre una chiavica.
Cerco l’estate tutto l’anno e all’improvviso eccola qua. Così cantava qualcuno. E io davvero l’aspettavo, la elaboravo, la immaginavo come un grande collage di pezzi di estati precedenti. Poi arrivava ed era completamente diversa a come l’avevo pensata. Il genio in mezzo al grigiore. E la magia era tutta lì.
Poi anche le estati hanno iniziato ad omologarsi. E si arriva a settembre e si vorrebbe fare il bagno, ma oramai l’acqua è fredda e amara. Si poteva fare di più. Fare qualcosa. Farlo meglio.
Dove vanno a finire le estati? Non quelle vissute. Per quelle ho un bellissimo album in similpelle custodito nel cervello. Quelle stanche. Vissute poco. Male. Ecco, quelle davvero non so dove vadano a finire.
Buon RadioFus. Fate il bagno, finché l’estate ve lo permette.