Ventinove anni di Germania
Ventinove anni di Germania non sono trenta. Giusto per non sembrare condanna. Così un anno prima che fossero trenta, trenta anni di esilio, di confino, son tornata.
Quando mi sono trasferita ne avevo venticinque e non avevo visto che poco mondo. Qualche gita, vacanze estive e viaggi in famiglia. E la Germania non era quella di adesso. Era un paese rigido e livido di colpe. Tutti si vestivano di grigetto sino nelle
la Germania non era quella di adesso. Tutti si vestivano di grigetto sino nelle scarpe, ma i capelli se li tingevano melanzana
Quando mi sono trasferita ero una ragazza, e lì sono diventata donna. Tutta la mia vita di adulta si è consumata in Baviera, con qualche disgressione newyorkese. Poi aggiungici un dna misto Livorno-Pisa. Ho cambiato cinque case, due o tre lavori, tante idee. Ho stretto amicizie che non sono cambiate mai. Non è stata una cattiva palestra di vita, e ventinove anni di Germania hanno avuto i loro vantaggi. Ci sono stati dei momenti che mi sentivo pure a casa. Molti tedeschi erano più maturi, più rispettosi e molto meno maschilisti di tanti italiani. L’ho considerato valore. Come il rispetto del pubblico, che quando non diventa ossessivo è molto migliore della tendenza cronica dell’italiano a coltivare il proprio orticello. Però di tanto in tanto mi hanno mazziato perché ho buttato via una bottiglia di vetro nella campana del riciclaggio fuori orario consentito, o perché sentivo la radio a palla in auto. E questo qualche volta è sembrato insopportabile.
Ci sono periodi in cui il rigore dei volti nella metropolitana o la tendenza di molti a fare i simpatici solo se gonfiati di un litro e mezzo di birra ti sembrano fendenti. E altri in cui il fatto che nessuno si faccia i fatti tuoi, o l’innegabile garanzia di diritti civili
Non è stata una cattiva palestra di vita, e ventinove anni di Germania hanno avuto i loro vantaggi.
A me la lingua tedesca piace: ho riletto i miei libri preferiti, i filosofi. I poeti. I drammaturghi. Ma qualche volta ti inceppi anche se oramai è una seconda madrelingua e sbagli tutto. Ti accorgi che sbagli tutto ma non ci puoi fare niente. E’ il tuo diritto a essere forestiera che si fa preponderante.
Deve essere stato in un periodo di spaesamento che ho deciso di fare fagotto e tornarmene in Toscana con armi bagagli figli e masserizie. Und Aufwiedersehen goodbye.
Probabile che me ne pentirò, che sarò una mezza teutona un po’ disadattata ovunque. Che mi mancherà il fiume, l’autunno di Monaco di Baviera, il Biergarten e una certa socialdemocrazia tollerante e veramente europea. I musei e il candore delle nevi in inverno. Che mi accorgerò di aver portato mia figlia ad usufruire di un sistema scolastico allo svacco e che il sessismo italiano mi provoca istinti omicidi. Oppure avrà la meglio l’italianità indomita fatta di arte e saper vivere, e sentirò maggiore leggerezza nell’ animo. Che ne so. Intanto, dopo ventinove anni di Germania, eccomi qui. Con un altro nuovo inizio, tutto italiano.