Racconti di ritorno (lettera d’amore)
Di questa estate distinguo perfettamente i contorni, disegnano corpi e facce.
Queste facce ridono. Ridono anche se non è semplice come una volta. Anche se per alcune i dolori al corpo e al cuore continuano ad aumentare col tempo; altre sorridono anche se si ostinano a non cambiare mai e rimangono nostalgiche e ancorate ai ricordi. Altre invece sfoggiano la soddisfazione di aver fatto pace per un po’ con se stesse.
Sorridono un istante, sorridono al tramonto, dimentiche di tutte le angherie delle altri stagioni
Sorridono un istante, sorridono al tramonto, dimentiche di tutte le angherie delle altri stagioni. Sorridono e tutto diventa più leggero.
In altre estati si erano delineati invece momenti, più specificamente, luoghi o stati d’animo. Questa è stata segnata da persone.
La mia estate ha bei nomi, alcuni stranieri e altri locali, ma per evitare noie (a me stessa in primis) non chiarirò quali sono quali. Ognuno si è seduto al mio tavolo, di fronte ad un bicchiere di Moscato, mentre i tramonti si susseguivano intensamente all’orizzonte. Sembrava lo studio di uno psicologo con il suo paziente al lettino, ma per evitare noie (a me stessa in primis) non chiarirò chi era chi.
Lo sfondo è quello che mi ha visto crescere e cambiare negli ultimi anni. Quello è rimasto quasi sempre uguale.
Tu, isola. In questa estate ti ho delineata in maniera più precisa. Sei la zia che mi prepara le cose buone e ha la casa profumata e che mi fa sentire in colpa quando parto. Quando siamo lontane ci scriviamo lettere d’amore e ti dico spesso quanto mi manchi e ti chiedo i trucchi delle tue ricette che tento in tutti i modi di imitare. Inseguo il calore del tuo cibo, lo so. Ascolto le canzoni che mi ricordano quando stiamo insieme.
Poi ritorno.
E come sempre, anche in questa estate abbiamo fatto la nostra danza.
Al mio arrivo ci guardiamo innamorate, non riusciamo a smettere di sorridere, tu mi prepari la pasta al forno, ci raccontiamo le storie, osserviamo i cambiamenti, mi dici che il nuovo taglio di capelli mi sta molto bene. Mi trovi dimagrita (mi trovi sempre dimagrita). Mangiamo insieme. Facciamo programmi per tutta la stagione.
Mi fai notare che sei cambiata anche tu e io ti guardo con tenerezza, perchè penso che ce la metti tutta.
Litighiamo per le solite cose irrisolte, stiamo in silenzio. Riparto.
E così via.
Dopo qualche giorno le cose iniziano a cambiare, riaffioriano i nostri vecchi screzi: il rumore fastidioso, il disordine patologico, il modo in cui bruci certe opportunità. Litighiamo per le solite cose irrisolte, stiamo in silenzio. Riparto.
E così via.
All’inizio questa conflittualità mi faceva arrabbiare, poi però penso che in alcune grandi passioni la materia prima è l’incoerenza.
Col tempo ho imparato ad accogliere le nostre differenze. Ho capito l’equilibrio di cui siamo fatte. Vorrei che tutto ad un tratto cambiasse e che io potessi tornare da te senza remore.
Anche se sono una viaggiatrice.
Anche se penso che prima di mettere radici devi conoscere tanti suoli, per capire qual è il più adatto a te.
Anche se la terra madre di questa farlocca è a un oceano e tante paranoie di distanza (sono quasi tutte questioni ridicole non c’è da essere tristi, funziono come Ulisse con Itaca, ma questa è un’altra storia).
Anche se tu ed io abbiamo ancora alcune ferite da chiarire.
Anche se con tutto il bene che ti voglio, davvero, forse non ci sono mai stati i presupposti.
Sono contenta, a volte, di quanto tu rimanga uguale nel tempo. Sono contenta di tornare e anche se nel mondo Todo cambia come dice Mercedes Sosa (ed è giusto che sia così), il pino mediterraneo che fruscia ogni volta che passo da quella strada è sempre lui ed è sempre lì. Su quel marciapiede diroccato, accanto al muretto in tufo. Ed è bellissimo.
Tutto questo è bellissimo.