Esercizio di stile (due). Intermezzo
Era ieri o forse qualche ora fa, non ricordo, che rinnovavo con lucida intenzione i miei progetti per i giorni futuri.
Progetti di buone azioni, appassionate relazioni, estroverse confortevoli giornate ricche di spirito costruttivo. Poche scelte, ma buone.
E così non si conclude niente ed è un altro…
Non ero così determinato, in verità, ma in ogni caso ero consapevole che, come accaduto per quelli passati, anche i nuovi progetti avrebbero trovato naturali imprevisti e accidentali impedimenti.
Motivo questo d’incosciente patimento? Ma insomma! È solo un esercizio.
Scrivilo! Scrivilo! Scrivilo bene, chiaro! Che si capisca quel che vuoi dire, (dice).
Ascolta: ho letto e riletto le cose che dovevo sapere, ho scritto e riscritto le frasi che servono, ho cambiato i colori della stanza-tana, ho trasformato questo istante in un tempo senza inizio e senza fine e ho dormito per due giorni ripetendo, a memoria, nel sonno i desideri da ricordare.
Scrivilo! Scrivilo! Scrivilo bene, chiaro! Che si capisca quel che vuoi dire
Non basterà. Sicuro, non basterà.
E così non si conclude niente ed è un altro giorno sprecato, …
È vero. La tensione verso il fastidio molesto (qualcuno che conosco parlerebbe d’angoscia) che incombe rende meno umani. Ma sei scemo? (dice).
Ma senza questa nervosa irragionevole attesa come posso sperare di rinascere libero e modificare lo stato delle cose?
Non ti capisco, sei fuori di testa, l’esercizio ha regole precise (dice).
Potresti parlare di te. Potresti raccontare di me. Potresti scrivere di noi o inventare una storia che parli di noi appagando così la curiosità dei lettori. Le storie inventate fanno stare bene e hanno sempre successo. Basta che scrivi bene, senza errori, facendo comprendere, però, quello che vuoi dire…
È l’estate, quest’estate, che non rende nulla facile.
E così non si conclude niente ed è solo un altro giorno sprecato, preso a calci, …
Ma che gioia saperti qui vicino.
Ma che gioia sapere che ci sarai.
Ma che gioia sapere che saremo insieme.
È l’estate, questa estate, che non rende nulla facile.
Tutte le cose compiute nel passato, anche quelle sbagliate, hanno un senso. Devi scegliere, (dice).
E così non si conclude niente ed è solo un altro giorno sprecato, preso a calci, mutilato…
Le scelte, anche quelle più banali, hanno un significato profondo, metafisico. Loro ci avvicinano a quella nostra vita più grande, intima, potente, che sta nascosta dentro di noi, o chissà dove, come un’ombra che si specchia e sorride alle nostre spalle.
Non apprezzatemi, quindi. Disprezzatemi, se volete. Nulla d’eroico, ma solo un mediocre proposito di fuga.
Restiamo a godere, allora, di questa brezza marina che pettina l’orizzonte! Questo, questo, questo è un buon consiglio: basta poco per addolcire l’ansia. Gradisci un poco di zucchero? Aspetta, non ho finito.
Io resisto, resistiamo insieme.
Intanto, io lo so. Tu lo sai.
Restiamo a godere, allora, di questa brezza marina che pettina l’orizzonte!
Nessuna storia da raccontare…un banale sterile esercizio di stile.
E così non si conclude niente ed è solo un altro giorno sprecato, preso a calci, mutilato…mentre il Buddha siede nell’angolo e sorride. (C. Bukowski- Sprecare la vita)
L’esercizio di scrittura è tratto dai diari di Hashanj Hari, filosofo indiano a capo di una scuola di pensiero per la quale le società moderne sono destinate a scomparire per colpa dello spostamento dei poli. Per il filosofo indiano, sopravviveranno solo quelle società organizzate che riusciranno a trovare la verità attraverso la lettura dei segni che lasciano le scie delle Land Rover in autostrada. (N.d.A.)