Parole di diario (non autorizzato)
La storia di queste pagine e di queste parole non la conosciamo. Non conosciamo l’autore che le ha vergate. Il luogo del loro ritrovamento è del tutto inverosimile, pertanto non merita di essere citato.
Sappiamo soltanto che c’è piaciuto (moderatamente) quello che vi abbiamo letto e così ne pubblichiamo alcuni stralci, sperando di non far torto a nessuno.
Ci riserviamo in futuro di spigolarne altri chicchi da offrire così, un po’ (come si dice) a casaccio.
Chinìsia, 15 Aprile 1940
La verità è come il vento. Un vento di fine marzo, sottile e disteso, un poco basso. Eppure nel cielo il cielo si apre in tutta l’altezza, in tutta l’evidenza e la profondità di un mistero, lasciando soltanto qua e là sottili linee di nebbia, più chiare di soffici nuvole.
E dalla formica alle foglie, agli alberi e poi alle sabbie.
E il vento soffia più in basso e in basso solo si ostina a soffiare, passando da un essere all’altro, da quello di un piccolo uomo a quello di un grillo gigante. E dalla formica alle foglie, agli alberi e poi alle sabbie. Da un essere all’altro, lasciando soltanto inespressa ed intatta la sostanza del sole, perchè fluttuante troppo più in alto.
Bammìna, 14 Settembre 1946
È già tardi. È già troppo tardi per questi discorsi e ragionamenti. È vero che avrei dovuto iniziare da un po’, oramai, a scrivere di queste cose, ma io arrivo tardi. Sì: arrivo tardi, e poi… quando arrivo… arrivo così impreparato! Per questo dico: avrei dovuto arrivare un po’ prima e tentare l’assalto. Capisco. La rocca è imprendibile. Lo so: poco le parole possono dire di quello che attraversa l’anima. Parole distese su un foglio, deboli e indifese. L’anima che attraversa un’infinita varietà di paesaggi del tipo: sono venuto al mondo come un incantevole paradosso. Oppure: non ho appena un briciolo della forza che ci vorrebbe, non ho neanche un po’ della furbizia.
Eppure sono fuori nel mondo a distinguere i contorni delle cose, a studiare il modo di prenderli con me.
Ho forse qualcosa della purezza? Eppure sono fuori nel mondo a distinguere i contorni delle cose, a studiare il modo di prenderli con me. A cercare le parole. A seguire il fascino di un’attesa. Per questo dico: devo tentare il racconto di tutte le mosse del mio attacco silenzioso al mondo.
Erice, 5 Ottobre 1974
Veramente, passando il tempo, rimane poco da dire. Forse solo che è incredibile il suo passaggio. Non foss’altro che per il timore che affiora dalle nostre fibre, continuamente, al solo sfiorire di ogni stagione. Come se fosse un inganno, ben apparecchiato, la corsa inarrestabile dei giorni. Ma l’inganno non esiste oppure è nel centro oppure, ancora, di fianco al cuore… e tenta di azzannarlo! E questa immagine è un’immagine riuscita, nel senso che può rendere giustizia al nostro cuore votato dall’amore ad essere parziale. A volgere da un lato solo, cioè, tutte le sue cure e credere che questo lato sia il mondo intero. Ma ciò risulta allora un vero enigma. Da un lato solo è proprio arduo comprendere ogni cosa e tutto. È già difficile, così, cogliere qualcosa. Rivestirlo delle sue parole. Non esiste dunque una parola sola per abbracciare la fuga eterna delle nostre vite.