Sogno di una notte di Ferragosto
Sarà pure la notte di Ferragosto, ma è buio intorno. Squarciato solo da qualche lucina qua e là e dai fari della mia auto e da una luna imperiosa di una lucentezza sorprendente. Evidentemente sto guidando. Strade di montagna, curve a gomito, aria familiare: devono essere le Madonie, le montagne della mia amata Sicilia. Ma si, starò tornando da una visita a lei, al suo paesello natio e a quelle atmosfere familiari di tanti anni fa…
Guardo la strada, ma sono ipnotizzato dalla luna.
Guidare nella notte mi è sempre piaciuto, fin da ragazzo. E anche qui, come allora, son sempre io al volante e ho canzoni ad accompagnarmi. Ma qui la musica è in cuffia: in auto sento i respiri delle mie figlie che dormono e non voglio svegliarle. Canticchio La sera dei miracoli come fossi in playback, muovendo le labbra sulla voce di Dalla. Sento che mi mancano tante cose e tante persone stanotte, anche lui. Immenso Lucio. D’un tratto però mi giro un attimo e vado in confusione: la macchina è piena di bambini. Alcuni, come le mie figlie, continuano a dormire, altri hanno gli occhi aperti ma muti e persi nel vuoto.
Realizzo che nella mia macchina non possono entrarci tutti, eppure ci sono. Stanno lì. Devo portarli a casa, senza svegliarli. Le mie figlie so dove portarle, ma gli altri? Non ho bevuto a cena, ma che sogno è??
Cambio canzone sul display dello smartphone, ora dalle cuffie mi arriva Cocciu d’Amuri. Ripenso al video e alla sequenza del film da cui è tratta, è una dolcissima serenata che mi commuove e mi riempie l’anima di sensazioni struggenti. Mi chiedo a quale volto di donna la assocerei.
Divento insopportabilmente triste. Mi passano davanti immagini varie, alcune sconnesse, altre di donne che non conosco. O che non riconosco. Sono trasfigurate. C’è lei, sempre la lei che sono andato a trovare poche ore fa; lei che non era una storia sentimentale, ma forse la somma di tutto l’Amore che esiste, il primo ed eterno. E poi c’è un volto maschile e una voce che mi riecheggia nelle orecchie, la sento nitidamente mentre ascolto Non è tempo per noi. So che lui non c’è più e questo non è un sogno.
Poi, improvvisamente, penso ad una vecchia fiamma di tanti e tanti anni prima. Sento umido sulla pelle, come di sabbia bagnata addosso. Sono in spiaggia e io quella sabbia, quel suono di acqua che si infrange a riva, li riconoscerei tra mille: è la mia isola, il mio luogo dell’anima, è Makris Yalos, a Cefalonia. Si ride, si beve, si fa chiasso, ci sono i miei cugini e i loro amici, esco con loro d’estate, quando sono lì. E le notti di Ferragosto sono falò, scherzi e bagni in quel mare baciato dagli Dei.
Lei è bruna, occhi neri, greca con le sembianze da greca… quell’amore così fugace, io così piccolo, inesperto… pensavo che non ci sarebbe mai stata con me è invece eravamo lì, avvinghiati… poi nudi, facciamo il bagno, l’acqua è tiepida, forse facciamo l’amore, non lo so, forse io ho 17 anni o 16, cosa vuoi che ne sapessi allora, com’è che si fa l’amore con una appena conosciuta più grande di te? Ho tenerezza di quell’adolescente che ero. E lei, chissà che fine ha fatto, dove vive, avrà famiglia adesso, è in Grecia, è felice, mi pensa ogni tanto? Chissà.
È la notte di Ferragosto. Fa caldo. Echeggiano luci e suoni di fuochi di artificio da qualche parte, in lontananza. A casa non dorme nessuno. Siamo tutti svegli, ma non siamo d’aiuto, lei urla e si lamenta. Arriva l’infermiere, le fa la morfina, diminuiscono i lamenti, fino a cessare. Ma rimane una notte in cui non dorme nessuno. Ci guardiamo senza dirci i nostri veri pensieri, sembriamo presi da piccole questioni materiali, forse è così che deve andare. Nel sogno non lo so come andrà veramente, perché questa parte dura pochi istanti e poi cambia ancora, ma nella realtà la mia mente lo sa.
Guido. Guardo la luna. Sono di nuovo tra le montagne. Ora c’è uno accanto, mi parla. Mi fa domande. È un mio professore d’università, la mia prima materia. Non lo ricordavo neanche più, sono quasi trent’anni che non lo vedo. Con candore e senza pensarci, gli dico una cosa sciocca del tipo “professore, che sorpresa rivederla, sembra uguale eppure era già anziano allora…” Lui non mi ascolta neppure e mi chiede se finalmente ho imparato, ora che sono adulto, se ho studiato la materia. Sorrido e penso tra me: chi ha detto che sono adulto? È sicuro?
Lui sembra intuire i miei pensieri: “la materia è la vita, allora mi dicesti ad esame appena finito che speravi che l’università ti insegnasse a vivere, perché con gli studi non te la cavavi male, anche se non ti impegnavi granché“.
Ah, allora so di essere impreparato, professore, torni la prossima volta, ma venga lei a cercarmi per favore, come stanotte in questo strano sogno…
Sono di nuovo alla guida, adesso ci sono solo le mie bambine in macchina, dormono tutte, passiamo vicino ad una località di mare, scorgo luci, sembianze di fuochi in spiaggia, ci sono tanti ragazzi, alcuni me li vedo, con le chitarre a cantare e ubriacarsi. È la notte di Ferragosto, buon divertimento