Una vita insieme
Eccoli, non mancano neanche oggi.
Sono ancora insieme, come da una vita a questa parte. Hanno aperto la saracinesca del loro garage, hanno sistemato le solite due sedie di paglia e si sono seduti fianco a fianco a prendere il fresco.
Sono tremendamente teneri. Magari sotto sotto un po’ pettegoli: come tutte le persone anziane vorranno sapere tutto di tutti, ma in fondo davvero tenerissimi.
In due raggiungono quasi i due secoli di età. So che lui ha circa 90 anni e lei, la moglie, poco meno. D’inverno non li si vede quasi mai, ma l’estate verso sera cercano refrigerio, seduti sulle due sedie di paglia, senza neppure uscire dal loro garage, con la porta aperta sul loro piccolo mondo.
Entrambi portano occhiali spessi, lui ha sempre il cappello in testa e il bastone, mentre lei indossa con la stessa disinvoltura un grembiule da cucina e qualche chilo di troppo.
Entrambi portano occhiali spessi, lui ha sempre il cappello in testa e il bastone, mentre lei indossa con la stessa disinvoltura un grembiule da cucina e qualche chilo di troppo.
In genere parlottano tra di loro. Mi chiedo spesso cosa avranno da dirsi, dopo tanti anni di vita insieme. A occhio e croce credo che circa settant’anni di matrimonio li abbiano nel corredo. Forse anche di più.
C’è ancora qualcosa di cui parlare, dopo tutto questo tempo?
Evidentemente sì. Talvolta litigano perfino e alzano la voce!
“Sei la solita oca, non capisci niente!”, dice lui.
“Ti fa male il dente? Ma se non ne hai più di denti, che favole racconti?”, risponde lei piccata.
“Ma quali conti, che non li sai fare senza il pallottoliere e devi chiedere al prete.”
“Ah sì, don Luca viene domani a benedire la casa. Gli preparerò la crostata, che so quanto gli piace.”
Spesso dialoghi surreali, a quanto si può sentire. Appare evidente, non c’è da meravigliarsene, che l’udito è uno dei sensi, insieme alla vista, che hanno perso per strada nel loro lungo e comune cammino.
Dunque ci vedono poco, ci sentono poco. Ma si parlano tanto. E pazienza se non si capiscono e bisticciano. Direi che è il loro modo di restare vivi.
Non si può dire che oggi i matrimoni durino altrettanto. Né che le coppie, giovani e meno giovani, restino comunque affettuosamente salde se qualche volta non c’è comprensione.
Quale sarà il segreto della longevità di un amore?
Io non ho dubbi che i due vecchietti si amino ancora. Se non è nelle parole, che entrambi fraintendono, l’amore è nei piccoli gesti. Lui che posa il bastone per spostare la sedia e avvicinarla a lei. Lei che gli toglie un granello di polvere, e chissà come ha fatto a vederlo, dalla tesa del cappello. Loro due insieme che dividono ancora lo stesso spazio e lo stesso tempo, ogni sera d’estate, come hanno diviso sogni e progetti di vita. L’amore fatto di piccole cose, di piccoli gesti: è questo quello che sopravvive nel tempo?
L’amore fatto di piccole cose, di piccoli gesti: è questo quello che sopravvive nel tempo? Non l’amore dei poeti, quello delle belle parole, della rima cuore amore, quello bello perché impossibile?
È un amore fatto di pazienza, seppure non infinita, che si mette alla prova in battibecchi ora forse innocenti, ma un tempo probabilmente più aggressivi, meno tolleranti. E che tuttavia, così mi piace immaginare, si stemperavano in una battuta, in una risata, nella complicità di uno sguardo. O magari fra le lenzuola.
I vecchi sono stati giovani, hanno avuto la passione nel sangue, hanno fatto l’amore anche loro, come noi. Sembra strano a vederli ora.
Piccoli, anzi tarchiati, cicciottelli, rugosi come tartarughe, prede dello scorrere del tempo, oggi. Ma ieri, o ieri l’altro, erano di certo lei bellissima, bionda e formosa; lui non alto ma proporzionato e prestante, sicuro di sé. Una coppia appassionata e innamorata.
Diciamo che me li dipingo in questo modo, ma non posso sapere se sia un ritratto veritiero. È un passato che non mi appartiene, su cui fantastico.
Di certo giorno dopo giorno, anno dopo anno, hanno visto le trasformazioni sul viso e sul corpo del coniuge. Un pomeriggio piovoso avranno tirato fuori vecchie fotografie per passare qualche ora e si saranno accorti di non assomigliare quasi più a quei due giovani in bianco e nero che sorridevano insieme al futuro, di nuovo roseo dopo anni di buio e morte.
Sarà stato un colpo al cuore? Sarà stato facile accettare che il viso tanto amato, il corpo tanto accarezzato, non era più quello, eppure lo era? E per riflesso, come avranno vissuto la propria trasformazione? Avrà vinto il pudore di non sentirsi più belli e attraenti e quindi di nascondersi agli occhi dell’altro? O avranno continuato ad accarezzarsi con la naturalezza e la saggezza di chi non può che accettare gli stadi della vita?
Avranno continuato ad accarezzarsi con la naturalezza e la saggezza di chi non può che accettare gli stadi della vita?
A vederli così, litigarelli con affetto, io credo che abbiano saputo accettarsi e senza porsi domande sono andati avanti come sempre.
Quanto è difficile oggi invece accettare di invecchiare. Sentirsi giovani, pretendere giovinezza mentre il corpo va in sfacelo. E lo screzio fra le due cose porta a sofferenza, perché si vorrebbe ma non si può più. Perché si anela solo al bello, ma non può essere bello un corpo vecchio. Né il proprio né quello del partner.
Quindi: comprensione, pazienza, accettazione fanno durare un amore.
Cose di un mondo antico che in quello attuale, fatto di emozioni usa e getta, sembrano impossibili da mettere in pratica.
Lei si alza come presa da una folgorazione improvvisa:
“La medicina! Ho dimenticato di prepararti la medicina!”
“La Gina? Ma cosa vuoi disturbarla a quest’ora, lasciala dormire!”.
Un attimo di silenzio li avvolge, si fissano come due cowboy in duello. Poi scoppiano a ridere insieme, intuendo ancora una volta che non servono discorsi coerenti per capirsi, che le parole hanno il senso che hanno, ma in fondo non contano. Ci si può capire lo stesso, dopo una vita passata fianco a fianco. E il saper ridere insieme è forse l’altro segreto di un amore forte.
Così lei adesso dà una sberla al cappello facendoglielo cadere sugli occhi e lui, in cambio, le appioppa una sonora sculacciata non appena gli volta le spalle.
Sissignori. Una sculacciata sullo spazioso e molliccio fondoschiena che in realtà agli occhi di un uomo innamorato è alto e sodo e ha sempre vent’anni.
Sorrido e chiudo la finestra chiedendo alle stelle cadenti della notte di San Lorenzo di regalare anche a me un amore così immenso. Così eterno.