Storie di fimmini sperte. Nina e Rossa
Nina aveva dato un ultimo tiro alla sigaretta e l’aveva spenta sul bordo del corrimano. Si era guardata indietro per controllare se il gesto poco consono ad una signora fosse stato intercettato da qualcuno. Nessuno. Si era data una stirata al vestito blu e aveva respirato con fierezza il vento mediterraneo che le arrivava ai polmoni e al cervello e la riempiva di euforia. Erano successe tante cose. Tutte così veloci.
Sette anni prima era seduta in quel caffè nella 5th Avenue a New York, un posto talmente familiare che le permetteva di fumare con grazia e indifferenza e di ascoltare i chiacchiericci sugli ultimi avvenimenti della monarchia britannica.
Le piaceva molto la storia, soprattutto quella delle regine. Spesso capaci di governare imperi e superare guerre, pestilenze e uomini, sempre con grazia e autorità
Le piaceva molto la storia, soprattutto quella delle regine. Spesso capaci di governare imperi e superare guerre, pestilenze e uomini, sempre con grazia e autorità. La noia di un pomeriggio come altri era stata messa a soqquadro dall’arrivo di un affascinante ragazzo, cugino di una sua conoscente, Giovanni. Erano bastati circa due mesi affinchè quel pomeriggio diventasse una richiesta di permesso per frequentarsi in compagnia e poi da soli; altri tre passarono prima che lui chiedesse ufficialmente la sua mano. Poi erano arrivati anche due figli e una vita fatta di piccole cose in una grande città, una vita serena.
Un giorno Giovanni era rincasato e le aveva detto di dover tornare in maniera imminente in Sicilia. Parlavano spesso di questa eventualità e lei aveva costruito nella sua testa , col tempo, un bel romanzo ambientato in terre di agrumi, gelsomino e caffè espresso. Terre arse di sole accecante, di alberi da sughero e fichi. Lui aveva parlato di ottime possibilità di lavoro, di impegno familiare, di sua madre. Le aveva detto che sarebbe stato molto felice, se lei avesse accettato di tornare con lui, tutti insieme in famiglia. Ora che tutto ciò su cui aveva fantasticato diventava realtà, si sentiva spaventata, ma era suo marito e la sua terra e lei l’avrebbe seguito.
E così eccoli in quella nave.
Dopo un’eternità di viaggio in mare seguita da un treno e finalmente una carrozza, arrivarono ad un piccolo paese in mezzo a delle montagne verdissime. Le Madonie. Bellissimo posto, ma a Nina qualcosa non tornava, una strana sensazione alloggiava nella sua gola e nella pancia.
Il paesaggio calmo e cadenzato nascondeva un’insidia e Nina l’aveva capito da subito
Col tempo aveva iniziato a intuire che il suo disagio non riguardava soltanto quell’orizzonte che le pareva infinito, quella luce esagerata, oppure il silenzio ritmato dalle cicale nella notte, a cui le sue orecchie cittadine non erano abituate.Il paesaggio calmo e cadenzato nascondeva un’insidia e Nina l’aveva capito da subito. Erano gli sguardi delle persone. Sguardi sempre storti, mai diretti. Era il rumore amaro delle voci bisbigliate che si alzavano alle sue spalle, non appena lei lasciava un locale, il mercato o la chiesa.
Dopo qualche tempo, Giovanni era rientrato a casa come ogni sera, ma era rimasto in piedi dietro di lei per un bel pezzo, in cucina. Senza parlare. Torturava il cappello tra le mani. Ad un tratto e in maniera abbastanza spiccia, confessò di avere un’altra moglie in un paesino vicino. Altri figli. Da molto prima di essere andato in America. Disse che ora però sentiva che si stava sgretolando. Usò questa parola di pietra, per assestare bene il colpo dei vigliacchi. Le aveva garantito che non sarebbe cambiato niente, le aveva garantito che la sua famiglia sarebbe sempre stata importante. Lei si era girata a guardarlo in maniera silenziosa. Lo aiutò a togliersi il cappotto e le scarpe. Non disse nient’altro quella sera. Mangiarono come sempre e buonanotte.
Oh my dear, pensa piuttosto a vivere nel medioevo, ma da regina!
Erano passati un paio di giorni e Nina si trovava affacciata al suo balcone, osservando il vuoto, trapassando le colline con il suo sguardo malinconico. Le mancavano molto i suoi orizzonti verticali. Si era accesa una sigaretta e versata un bicchierino di cognac. Mentre lasciava che il liquore ridasse un po’ di vitalità a quelle gambe che ancora tremavano tradite, pensava a ogni tipo di vendetta. Oh my dear, pensa piuttosto a vivere nel medioevo, ma da regina!
Suona il cellulare e Rossa si alza di scatto, facendosi venire un giramento di testa. Guarda l’orologio e sbuffa. Capisce che quella notte rimarrà insonne, così va in cucina e si versa un bicchiere di vino. Sono passate solo ventiquattro ore da quando il compagno con il quale pensava di avere una solida relazione, le ha confessato di avere due storie parallele. Con lei e con un’altra donna. Aveva convissuto tranquillamente in due case, poste vicino a due fermate della metro diverse. Lavoravano tutti nello stesso posto: con Rossa lavorava al terzo piano. Con l’altra al quarto.
Troppe impostazione della privacy, troppe password da ricordare, troppi mezzi da prendere
Qualche giorno dopo, Rossa cambia lavoro. Trasloca vicino ad un’altra fermata della metro. Cancella l’energumeno da Facebook, Instagram, Twitter e Skype. Ignora i suoi messaggi su Whatsapp. Disattiva il geolocalizzatore. Non ha bisogno di grandi supporti emotivi: ci sono Netflix e diverse bottiglie di vino a farle compagnia, quelle sere insonni in cui si sveglierà immaginando vendette. Oh my dear, nel medioevo non smettiamo mai di trattarci come regine!
Nina aveva diviso la casa (di quelle antiche a sviluppo verticale) in due piani. Aveva cancellato dal secondo e terzo piano Giovanni e per gli anni a venire avrebbero risposto a due indirizzi diversi. Nessuno usciva dalla porta dell’altro. Maria, la loro figlia, portava colazione, pranzo e cena a suo padre in un cestino da operaio. Discutevano delle faccende domestiche tramite appunti e note inviati dai figli postini, abituati ormai allo stravagante rapporto dei genitori. Si riunivano poche volte e quelle poche sembrava di assistere a una riunione di condominio, tra estranei che si tolleravano a malapena. Alle feste di famiglia del paese, si presentavano insieme.
Al funerale di Giovanni, molti anni dopo, Nina si era presentata sotto gli stessi occhi storti di tanti anni prima con un elegante vestito, verde smeraldo. Lo stesso antico chiacchiericcio si era alzato mentre lei abbandonava il locale, ma era un po’ di tempo ormai che non lo sentiva nemmeno.
Oh my dear, noi sappiamo come trattarci da regine in qualunque medioevo!