Lettera a un Prof
Caro Prof, non mi va di studiare!
Troppe parole complesse, vane, lontane, sul libro di testo!
equivalente – congruente – solido – simmetrico – regolare – costante
Io sono equivalente solo a me stesso e se valgo qualcosa, è per quello che ho dentro, ed è mio, solo mio.
Il falso ed il vero convivono in me, nel perenne oscillare fra fede e speranza, amore e voluttà, andare o restare.
Ricordi il problema che non seppi capire? Ricordi il mio pianto accorato? L’ansia, l’angoscia di avere fallito? Quel giorno capii che nemmeno allo specchio ti puoi perdonare, accettare e capire. È dentro di me che trovai la mia forza, il coraggio di essere ciò che io sono o non sono mai stato, e di muovere passi sicuri, sempre più in là, sempre più in fondo, verso la meta, qualunque essa sia.
Di sicuro “incongruente” con gli altri sarò e sono stato.
Diverso da tutti, nel corpo e nel cuore, chitarra scordata. La nota smarrita in un canto stonato. La voce sospesa, tra i rami spezzati, di vecchia cicala morente nel vento d’estate.
“Figura in un piano”… non sempre. Mi piace il declivio dei colli scoscesi, quand’è primavera, e amo il pendio dei monti innevati, nel rigido inverno.
Di sicuro “incongruente” con gli altri sarò e sono stato.
Il piano infinito e uniforme mi strazia, m’inquieta. Smarrisce e confonde colori, miscela col dolce l’amaro. Sfuma i contorni di forme perfette e genera disarmonie nel presente confuso… o sbandato.
Nello spazio profondo io volo, ancor più lontano di un astro, di un lampo. Io sono la luce di un faro, a tratti celato da nuvole nere di pioggia.
“Costante”… giammai! Io cambio colore ogni giorno, ogni ora, nel tempo scandito da strane, veloci, inconsuete stagioni.
Diverso da tutti, nel corpo e nel cuore, chitarra scordata. La nota smarrita in un canto stonato.
Nel vento impetuoso svolazza il mantello dell’anima mia, nella pena che incontra il dolore di un tempo perduto, di un credo smarrito. Ieri ho mangiato un gelato alla frutta, oggi ne voglio uno al cioccolato. Oggi mi piace Cristina, bionda, occhi azzurro-sognanti, maglietta aderente. Domani andrò al mare con Carlo, moro, jeans strappati, auricolare incollato all’orecchio con l’attak.
“Solido”… solo davanti alla gente, anzi, davanti ai compagni maschi. Sopravvivenza, lotta, competizione, dissidio, conflitto… sono il mio pane.
“Simmetrico”… Ho un neo sulla guancia sinistra, quaranta di piede destro, quarantuno il sinistro. Il mio cuore è conteso tra mille avventure pensate, sperate o vissute. Il passo vacilla nell’incespicare insicuro, tra sogno e realtà.
Cos’è “regolare”, mio Prof ? Non riesco capire… forse una legge, un ordine vano… Nulla che faccia pensare a me stesso.
Io sono un insetto in cerca di fiori, un serpente in cerca di prede, una notte in cerca di luce, un miraggio…
Il falso ed il vero convivono in me, nel perenne oscillare fra fede e speranza, amore e voluttà, andare o restare. La danza perenne mi ruba lo spazio e mi fa vento intorno. In cerca, in cerca… io sono e sarò.
Cambierò scuola, Prof! Una diversa… è in fondo al viale, forse nei borghi sommersi dal fango, in questa città o più lontano, forse ai confini del mondo!
La scuola di lievi creature, dove io possa essere ciò che io sono, o divento, o credo di essere, diverso e affine a compagni dai mille colori… “incongruente” e non equivalente.
Non m’importa che siano “solidi”… “regolari” … “simmetrici”…
Io voglio solo giocare e cantare con loro. Voglio sentirne le voci e comprenderne il senso. Voglio ascoltare parole di gioia e d’amore. Carpire l’ardore ch’è dentro ad ognuna, e sentire l’afflato ansimante di mille ragioni, di mille emozioni, di mille paure.
Lì, sono certo, potrei ritrovare una pace.
Lì, con libri e compagni diversi, potrei di contemplare le “geometrie” del mio mondo e comprenderne il senso profondo e vitale.
Lì potrei amare come io posso fare, ed anche studiare…
Forse.
Il racconto Lettera a un Prof di Giovanna D’Angelo si è classificato al terzo posto nella seconda edizione del Premio Natale Patti.