Sèttete!
Carlo si sentiva così fortunato da non prendere mai in considerazione il fatto che la vita gli potesse riservare qualche sventura.
La fortuna non ha regole.
Carlo conosceva, invece, le condizioni utili e necessarie affinché ogni cosa andasse nel verso giusto.
Carlo era risolutamente fortunato.
Fin da piccolo aveva scoperto questa qualità, che si manifestava come un naturale sentimento d’onnipotenza nei confronti del futuro.
Fin da piccolo brillava per successi e conquiste. Indovinava sempre la combinazione giusta per arrivare alla meta vagheggiata.
I genitori lo guardavano (spiavano) crescere con inquietudine e grave diffidenza.
un naturale sentimento d’onnipotenza nei confronti del futuro
Ma dove vuole arrivare? Si chiedevano. Non pativa mai quelle comuni emozioni che gli esseri umani normali definiscono: ansia o angoscia.
Al mattino si svegliava e alzava dal letto prima di tutti. Oltre ai genitori, in casa abitavano altri due fratelli più piccoli, solo un fastidio per lui che, sorseggiando il latte, rigorosamente scremato e accompagnato da sette frollini, già pianificava la sua meravigliosa giornata.
A scuola, se preparato veniva interrogato, accumulando una sfilza di sette; se non aveva studiato il suo nome veniva, inspiegabilmente, saltato o messo da parte. Un caso, una coincidenza, fortuna, intanto gli andava sempre bene.
Intanto i sette abbondavano.
I compagni gli giravano intorno come mosche su una zolletta di zucchero.
Ma erano le compagne di scuola quelle più insistenti.
Inutile dire che le più carine impazzivano per lui e lo tempestavano di telefonate, bigliettini e regali (un giorno trovò in giardino una bici nuova da cross con un messaggio arrotolato e stretto da un fiocco rosso, con dentro scritto: corri da me ti prego, Katia).
In casa nessuno gli rivolgeva più la parola. I genitori, dopo che Carlo varcava la soglia di casa per la scuola, guardandosi negli occhi, in perfetta sintonia, si facevano il segno della croce. Per loro era un mostro, un insolito essere al quale sempre tutto andava bene, troppo bene.
I genitori, dopo che Carlo varcava la soglia di casa per la scuola, guardandosi negli occhi, in perfetta sintonia, si facevano il segno della croce.
Dopo il diploma (massimo dei voti), che aveva festeggiato godendo di una speciale borsa di studio a Londra della durata eccezionale di sette mesi, era stato assunto da un’importante società assicurativa olandese. Lasciando casa non salutò nessuno e nessuno gli domandò dove cavolo stesse andando.
Avrete capito che sette era il suo numero fortunato.
Brillava e stupiva, Carlo.
Alle ore 02:23, il numero sette rosso era coperto per intero da fiches viola perlate e pesanti come tutto il suo conto in banca (di quel che gli era rimasto dopo un mese di divertimenti in giro per l’America).
Corre, corre, corre veloce, venti secondi di corsa, gira, un sorso di rum, rallenta la ruota, quasi ferma, gira, saltella la pallina, un altro sorso di rum, si ferma, sì, sì, si ferma…vingt-neuf, noir.
Carlo! Carlo! Carlo…