Prezzario dello scribacchino itinerante approssimato per difetto non del prezzo ma dell’itinerario
Le poesie le vendo a cinque euro al mazzo. Un prezzo giusto, ragionevole. Il prezzo di un affitto, più che di un acquisto. Le poesie si prestano, in effetti, o al massimo si mettono in affitto a equo canone. Le poesie che ho scritto le ho abitate prendendole in affitto anche io. Le poesie non sono di nessuno veramente. Vivono, come sappiamo, nell’aria del tramonto. Di lì riversano nelle nostre vite un’ispirazione che le nostre mani segnano su un foglio in traccia di parole. Altre volte, molto più frequentemente, sono versi presi in prestito dai nostri occhi su pagine che qualcun altro ha raccolto in bouquet da cinque euro.
Sui racconti ho messo il tre per due, paghi tre e prendi due. Lo so che è una promozione all’incontrario. Direi che è fatta per intenditori. I racconti sono quello che mi serve per campare veramente. Investo sulla qualità di produzione, non sulla quantità dei miei clienti. Bastano i pochi intenditori a garanzia di sopravvivenza, il minimo che occorre a mantenere intatto l’appetito (forse, a volte, onestamente fame) di narrazione nello stomaco. Il prezzo di tre euro a dittico è parente stretto di quel modico di cui si dicono mirabolanti cose.
Sui racconti ho messo il tre per due.
Per i romanzi (ho già diffuso la notizia ai quattro venti) quest’anno mi impegno al lancio di veri e propri abbonamenti stagionali. Anche per questa iniziativa commerciale ho già un pacchetto pronto di offerte strepitose. La prima soluzione è a dieci euro tutto compreso. Un romanzo in primavera, zero in estate, uno in autunno, zero in inverno. Si tratta di un pacchetto light, di quelli che ci fai i chilometri senza stillare un goccio di sudore.
L’altra proposta, un tantino più onerosa ma di maggior soddisfazione certamente, è la seguente: romanzi zero in primavera, due in estate (perfetti per la spiaggia), in autunno nisba, uno nel periodo natalizio (ideale per regali dell’ultimo minuto). Certo il prezzo sale; viaggiamo su venti teste d’euro, sempre tutto incluso. Infine l’ultima (la Prestigiosa, l’ho battezzata) comprende un romanzo ad ogni stagione per un anno intero; con formula soddisfatti o rimborsati per metà (abbiate pazienza) al prezzo da stracci di trenta euro a quartetto. Un affarone dunque, da qualunque parte lo si osservi.
Investo sulla qualità di produzione, non sulla quantità dei miei clienti.
Ho, infine, un mio vecchio pallino personale. Una di quelle cose che ci si vergogna quasi solo a sussurrarle. Perciò qui l’offerta è libera. Metto all’asta un intero set di pezzi che hanno il loro pregio peculiare. Trattasi di testi dieci (dico dieci) mai rappresentati in alcun dove (e quindi come nuovi) di opere teatrali giovanili che attendono soltanto benevola accoglienza da pubblico di nicchia o, indifferentemente, planetario.
La base d’asta è oscillante quanto l’asta. Il salto supera ogni record. Il record è di quelli dolci nel ricordo, se accompagnato da una base in musica. La musica di quando cominciò lo strano malinteso delle valutazioni monetarie, dei prezzi al mondo, dei corpi in vendita, delle fasulle stime, degli occhi di gallina, dei cuori esposti, delle anime perse, dei sonni rotti, delle parole al vento, degli interrotti sentieri e degli astratti furori.
Il mio respiro sa di aria azzurra e il suo prezzo è un gioco da ragazzi.