Ritrovarsi a Parigi
“Ritrovarsi a Parigi” è un titolo accattivante, un’arma a doppio taglio: grandi aspettative, grandi rischi.
La copertina è una di quelle che ai più romantici evocano il sogno di un amore in bianco e nero e che confermano il cliché di Parigi come città dell’amore.
Eppure è soltanto dopo la lettura che di questo sentore si ha conferma: il russo Gajto Gazdanov, in “Ritrovarsi a Parigi”, edito da Fazi, racconta una storia d’amore fra Parigi e la Provenza.
Fin qui, tutto prevedibile. A fare la differenza, però, è l’estrema delicatezza con cui Gazdanov racconta la storia banale di Pierre Fauré e il suo scontro con quella, ben più misteriosa e intricata, di Marie.
Pierre è un francese medio, come le stesse parole del narratore indicano: figlio di un padre convinto di eccellere in tutto che vive nell’attesa costante di una ricompensa per il suo primato e di una madre che troppo presto perde bellezza e vitalità e che il figlio osserva appassire, il protagonista si differenzia da entrambi. Al contrario del padre, non ritiene di meritare nulla. Della madre, invece, diventa unico devoto tutore fino alla sua morte, che spezzerà il legame viscerale che si è creato fra i due.
Pierre, mentre viaggia in treno, ripensa al suo passato. La narrazione oscilla fra memorie e presente come in una partita di tennis che guardiamo attraverso gli occhi del viaggiatore. Una telecronaca impressionista, tuttavia, come giustamente suggerisce l’autore quando, in una riflessione autoreferenziale o in un curioso gioco di meta-narrazione, scrive: “Bisogna imparare a scrivere in modo che il lettore veda dove si vuole arrivare, capisca la traiettoria del pensiero verso questa o quella conclusione”.
In “Ritrovarsi a Parigi”, infatti, il lettore fiuta il percorso da seguire, senza tuttavia prevederlo in maniera chiara.
“L’impressione di vivere da tempo immemorabile, di aver imparato una moltitudine di cose poi dimenticate per una ragione oscura.”
Frasi come questa fanno presentire il mistero che nasconde Marie, la donna misteriosa di cui Pierre decide di prendersi cura, nella speranza di guarirla dal mutismo cronico e da quel suo perenne atteggiamento da “animale malato”.
Pierre è determinato, ma nel suo difficile percorso emergono numerosi interrogativi esistenziali: quanto è preferibile il peso della consapevolezza alla leggerezza dell’incoscienza? Quando un valore come la libertà diventa discutibile? Quando è giusto che il bambino prenda le distanze dal genitore, il paziente dal medico curante, l’uomo dal suo dio, il sofferente dal suo terapeuta? Cosa determina, invece, un rapporto che non necessita di limiti nel tempo, che non è legato al bisogno?
Nel lettore, poi, le azioni e i pensieri di Pierre suscitano ulteriori riflessioni: perché questo forsennato bisogno di prendersi cura di esseri in situazioni anomale e difficili? Perché sacrificare la propria vita prima ad una madre morente poi ad una povera ragazza sconosciuta che ha perso il senno per motivi ignoti? Perché questo flusso di pensieri che non separa il presente dai ricordi del passato e da residui impercettibili dell’immemorabile? L’uomo è uomo soltanto quando è padrone della sua memoria?
Ogni personaggio, nel romanzo, sembra dire la sua riguardo il segreto che si nasconde dietro Marie, l’ “animale malato”, come viene definito. Che a estraniarla sia qualcosa di sovrannaturale, una semplice patologia psichica, il risultato di un trauma celebrale: le ipotesi si moltiplicano pagina dopo pagina, la scienza non sa trovare una risposta, la filosofia esita. A non pronunciarsi, a vivere in silenzio il caso, guardandosi bene dal proferir parole di troppo, sono soltanto Pierre e Marie.
Lui, pronto a cominciare da capo ad ogni passo avanti nel passato intricato di Marie. Lei, che lentamente torna ad essere persona fino a prendere finalmente la parola. Lui, che vuole farle dono della più totale libertà di giudizio, mettendo da parte anche la riconoscenza che vorrebbe vedere in lei.
Si fanno e si disfano ipotesi, leggendo, e si arriva all’ultima pagina con il sentore -un sentore impressionista, non una certezza- di aver letto niente di più e niente di meno che una Storia d’Amore. Con la S e con la A maiuscola. Che incanta senza mai essere scontata.
Gazdanov rende onore alla capitale francese ambientando nei pressi di Denfert Rocherau e poi in Provenza una storia romantica ma mai banale. E se è così che si conferma lo stereotipo parigino sul romanticismo, allora viva i cliché.