In bilico
In bilico, sento la sua voce, mi giunge all’orecchio e sembra refrigerio in questa giornata estiva nella mia isla maldita.
I cavalli hanno i paraocchi bordati d’azzurro, vestiti a festa da vetturini che vogliono acchiappare il turista.
Sul basolato torrido un tacco mi spezza il passo e io mi blocco, in bilico. La mia città è uno spazio piccolo, è anche un luogo vuoto adesso che il sole picchia senza riguardo e le saracinesche dei negozi sono abbassate per lutto economico. Restano così, occhi ciechi e i turisti si chiedono cosa sia accaduto, quando.
Le cicale, insetti orribili, stanno come mostri in attesa della fine. In bilico su rami, vicino nidi vuoti, rapinati.
Le cicale, insetti orribili, stanno come mostri in attesa della fine. In bilico su rami, vicino nidi vuoti, rapinati. Si sa, è diventato banale come il male, lo scirocco, ma cosa posso raccontarvi? Dovete respirarlo per comprenderlo, deve entrarvi nelle narici, inaridirvi polmoni e cuore, capelli. E la sera a casa è sulla pelle asciutta, disidratata, il suo percorso.
La voce di Giuni: “Fora un si po’ stari”, mi accarezza, e dove dovremmo andare, mi chiedo. Tocco la caviglia e abbasso lo sguardo verso il fuoco dell’asfalto. Sotto questa terra scorre lava, scorre acqua. Forze sotterranee ci sostengono, ma a noi piace stare soli. Raddrizzo la schiena e penso ai fiumi che abbiamo deviato, alle rovine sulle quali abbiamo ricostruito, alle case occupate. La ricerca ininterrotta di uno spazio, piccolo. Abbiamo disegnato sui marciapiedi e cantato e saltato per non morire. Alle più brutte abbiamo tirato le trecce, ai più stronzi abbiamo sospirato dietro. E adesso?
Adesso l’anima è dura come il basolato che mi spezza il passo, come l’anima che è tramatura d’acciaio. Il trucco, perché un trucco c’è sempre, è quello di non guardare giù, di non ascoltare né i consigli né la paura. Continuare su quel bilico che ci costringe a equilibrismi e precarietà consolidate. Dimentico i nomi che leggo sulle lapidi, se non lo farò io, lo faranno altri, perché la memoria è trasparente. È plastilina, ci giocano gli adulti.
Dimentico i nomi che leggo sulle lapidi, se non lo farò io, lo faranno altri, perché la memoria è trasparente.
Cammino e osservo, allungo il passo e frugo tra i vicoli che non appartengono più a nessuno. Respiro zenzero e cinnamomo, nelle vetrine gioielli che non indosserò, cibi che non mi sogno di assaggiare. Abiti che nascondono altre civiltà.
E aggiungo al mio incedere l’ondeggiare e l’eleganza delle dominazioni arabe, la fierezza degli aragonesi. Si procede, un piede via l’altro. Sospesa, il tempo no, quello scorre. La rete? Se anche ci fosse, basta tirare diritto innanzi, la solitudine è magnifica.
A casa, nel mio giardinetto, mi piace stare sola.