Icona dorata di Boccadelfiume
Ho un’icona dorata davanti ai miei occhi, ma non riesco a descriverla.
Sono affetto dal blocco dello scrittore.
Mi fermo un attimo e provo a ragionare.
Parto da premesse solide.
Ad ogni causa segue un effetto, siamo d’accordo.
Se non c’è la causa non seguirà nessun effetto, mi seguite?
Tutto chiaro, liscio e inoppugnabile fin qui, ma siamo solo all’inizio.
La nostra vita è l’immagine più genuina dell’efficacia del principio di causa ed effetto.
Mi alzo al mattino e mi accade di versare litri di caffè su un’immacolata tovaglia apparecchiata per la colazione, piuttosto che dentro la canonica tazzina?
Nessuna meraviglia: è la logica, signori. Non fa una grinza il mondo, cari miei.
Parliamoci onestamente, quando mi esibisco in questi spettacoli per pochi intimi non sono del tutto padrone delle mie azioni.
Sembro sveglio ma in fondo sto ancora dormendo e tutti sappiamo che chi dorme dovrebbe stare in posizione orizzontale, parallela e adiacente al materasso.
Certamente non dovrebbe sfidare la legge di gravità dei fluidi.
Mi sveglio al mattino preso da un singolare raptus di lucidità ultraterrena?
Per questa volta la tovaglia avrà di che ringraziare il cosmo.
Da ogni effetto risalgo a una causa e per ogni causa individuo un effetto: tutto aristotelico, insomma.
Nè più nè meno.
Eppure questa faccenda a volte non torna e la storia dell’icona va riesaminata per benino.
Una persona intelligente un giorno mi ha raccontato una teoria sulle particelle subatomiche. Quella roba da fisici nonsocomesichiamano che studiano le cose che contano veramente.
Il suo racconto aveva una morale che riassumo in questa affermazione imbarazzante: c’è un livello della realtà in cui l’effetto precede la causa.
c’è un livello della realtà in cui l’effetto precede la causa
Ho riflettuto a lungo su questa assurdità e sono giunto alla conclusione che c’è qualcosa che non va in questo giochino delle precedenze. Vale a dire che qualcosa scricchiola nelle premesse.
Sapete che vi dico? Credo di avere un indizio in più a favore di questo scricchiolio.
Per dimostrarvelo a questo punto dovrò sferrare un gancio destro e un montante sinistro ravvicinati. Un uno-due che, mi rendo conto, suona un po’ singolare e che dovrò in qualche modo giustificare.
Ecco il gancio: il testo che state leggendo non esiste ovvero è un po’ come il cavaliere di Calvino.
Mano al montante: la fisica particellare della materia letteraria è come la fisica di un’onda. Effetto di una causa che la rincorre.
Le due affermazioni da boxer di razza si tengono insieme e così anche le due giustificazioni seguenti.
Spiegazione dell’affermazione numero uno.
Accompagnatemi nel ragionamento bislacco che vi propino.
Lo scrittore – per definizione – scrive.
Se lo scrittore è scrittore perché scrive allora se si blocca non è uno scrittore.
Pertanto non esiste il blocco dello scrittore.
Ma io avevo un blocco prima di scrivere questo testo, allora non sono uno scrittore, eppure adesso sto scrivendo, allora sono uno scrittore.
Il nodo gordiano che ho appena fatto finta di intrecciare davanti ai vostri occhi viene reciso facilmente.
Basta una mossa elegante e un abracadabra: questo testo non è un testo.
Qualcuno forse aveva già cominciato a sospettarlo da qualche secondo, vero?
Quindi è un testo inesistente.
Voi lo vedete, in effetti, ma non esiste.
Voi vedete (o almeno credete di vedere) delle lettere nere su uno sfondo bianco.
Ma è solo un trucco.
Distinguete (o almeno credete di distinguere, e già!) delle parole color carbone depositate morbidamente su una pagina che più lattiginosa non si può.
Forse uno di voi (facciamolo curare) coglierà addirittura la parvenza di una serie di proposizioni sensate, ma certo solo a tratti, in questa successione di punti a capo che vi trovate sotto il naso.
Mentre esclusivamente i più fortunati (o i più folli a seconda del punto di vista, a questo punto) intuiranno la presenza di una qualche strana variante di logica applicata, presente fra le righe che scivolano qui apparentemente una dietro l’altra.
Ma in verità questo testo non esiste, ve ne rendete conto?
Ma in verità questo testo non esiste, ve ne rendete conto?
Sapete perché stiamo osservando un interessante fenomeno da baraccone letterario mentre leggiamo un testo che non esiste?
Perché se non esiste la causa non esiste neanche l’effetto.
E questa pagina ha tutta l’aria di essere l’effetto di un blocco dello scrittore che, abbiamo stabilito, non esiste.
Questa pagina non è mai esistita, in verità.
Eppure gongola palesemente sotto i nostri nasi, sbandierando la sua non esistenza.
Cosa si può concludere da questo gioco di prestigio? Ancora qualche istante di pazienza e abbozzeremo una conclusione che non conclude nulla, statene certi.
Passiamo alla spiegazione dell’affermazione numero due, molto più breve fidatevi.
Ieri mattina mi sono immerso dentro la fresca superficie d’acqua di quella che chiamano baia di Boccadelfiume.
Il mare era trasparente fino all’incantesimo, come un cristallo di vetro liquido, una lamina traslucida d’oro.
Mi immergevo lentamente, petto, spalle, collo, gustando il brivido freddo e delicato di quella lastra azzurra tagliata in due dal mio corpo.
Nella luce piena di una splendida giornata di sole ho pensato di essere sprofondato dentro un’icona, come un’onda dorata.
Qual è la causa di un’onda e quale il suo effetto?
Ci crediamo aggregati di particelle e invece siamo tutto, siamo anche un intreccio di onda.
Per questo motivo a volte la nostra vita appare sfuggente. Anche per questa ragione a volte non troviamo le parole.
Il mare è un’icona della nostra vita.
Ma anche della parola. Persino, forse, della letteratura.
Per questo motivo a volte le pagine che scriviamo sembrano non essere mai esistite.