Una gabbia di matti
Dimenticate i matti tradizionali, perché la storia che vi racconterò ha per protagonista un matto autentico, talmente strambo nella sua follia da risultare assolutamente irresistibile.
All’epoca avevo vent’anni e come molti giovani accettavo qualsiasi tipo di lavoro pur senza averne titolo, perché a volte basta la buona volontà per cavarsela.
Mi capitò una signora che aveva un figlio problematico ed era in procinto di traslocare.
“Non si deve preoccupare“ mi disse per telefono. “Mio figlio ha trent’anni ma è come un bambino e l’unica cosa di cui ha bisogno è la compagnia. Tre ore al giorno per una settimana. Le interessa?”
La paga era buona e il lavoro non mi sembrava complicato, così accettai.
Il figlio si chiamava Ermanno, era magro e pallido e non stava mai fermo: camminava avanti e indietro e accompagnava ogni discorso con ampi gesti. Mi presentò Romeo, un pappagallo scorbutico che appena mi vide arruffò le penne, aprì il becco e sibilò qualcosa di incomprensibile.
“Le piaci “, disse Ermanno accarezzando il pennuto con un dito. Poi si fece serio e corse in cucina a preparare una camomilla. Nel breve tempo che trascorremmo insieme quel giorno preparò cinque camomille e si chiuse altrettante volte in bagno.
percorse gli scalini a ritroso come se avesse il diavolo alle calcagna e chiuse la porta a doppia mandata, per essere certo che quello che aveva visto fuori non potesse raggiungerlo.
Uscimmo una sola volta o meglio, arrivammo in fondo alle scale, ma appena Ermanno lanciò un’occhiata in strada e vide il traffico caotico del lunedì mattina percorse gli scalini a ritroso come se avesse il diavolo alle calcagna e chiuse la porta a doppia mandata, per essere certo che quello che aveva visto fuori non potesse raggiungerlo.
“Roba da matti!” esclamò e subito dopo si gettò su una poltrona esausto, la testa all’indietro e le braccia penzoloni.
Nelle settimane successive mi sono chiesta tante volte come avrebbe potuto affrontare le fatiche di un trasloco una persona così fragile. La risposta arrivò qualche tempo dopo, quando ricevetti una lettera di Ermanno.
Gentilissima Angela,
solo oggi, dopo tante peripezie, riesco a trovare le forze per scriverle. Non può immaginare cosa sia stato per me il viaggio verso la capitale, stipato sui sedili posteriori tra scatoloni e valigie, con l’unico conforto della gabbietta di Romeo.
Ma il bello doveva ancora arrivare! Sotto la nuova casa c’è un mercato giornaliero e la mattina alle cinque i commercianti cominciano già a montare i banchi facendo un gran frastuono e sono investito da clacson, urla e rumori di ogni tipo. Per non parlare degli odori nauseabondi che provengono dalla mercanzia, che si mescolano e invadono ogni angolo come uno sciame impazzito da cui è impossibile fuggire.
Solo Romeo sembra trovarsi bene in questa gabbia di matti e certe volte, mentre osservo la gente che si riversa in strada accalcandosi tra i banchi in una bolgia infernale, mi sembra di essere l’unica persona normale. Allora chiudo la finestra e mi verso una camomilla godendomi un istante di pace, prima di essere risucchiato di nuovo nel vortice.
Un caro saluto,
Ermanno Trombetta.