Favola del Pilotino (Flashback durante cena)
Alcune sere fa mi trovavo a desinare all’aperto e di fronte a me c’era un grande murales illuminato da una luce artificiale proveniente dal basso. Il graffitaro aveva rappresentato una enorme nave di cui si vedeva solamente la prua trainata da una piccola barcarola che sbuffava e gemeva e forse anche sudava, non ricordo bene, ma pareva portare comunque a compimento il suo lavoro. Mi ricordava qualcosa. La memoria è una sedia accanto al letto. Non ci trovi mai i calzini, eppure ci sono. Solitamente ci si stufa prima di trovarli e si apre la cassettiera. Magari smadonnando di buon mattino.
Ecco, io no. Se ci sono, e ci sono, devono saltare fuori.
Cazzo.
Flashback.
Quando ero un bambino tendevo a trattenere tutto, ma ad affezionarmi a pochissime cose. Mi spiego meglio. Mamma: Questo lo buttiamo? Io: No. Mamma: Ma non lo usi mai! Io: No. Mamma: Va bene, facciamo così: lo metto via. Va bene? Io: Si. Coglione, dite voi. Vero. Ma ventinove anni di esperienza saranno pur serviti a mia madre per imparare a infinocchiare un marmocchio come si deve. Tuttavia poche erano le cose a cui tenevo veramente. Con i libri, poi, ero maniacale. Ce n’erano giusto un paio che leggevo di continuo, senza sosta. Erano favole sfigatissime che parlavano di personaggi sfigatissimi. Oppure di pazzi furiosi. Gatti che sbagliavano aereo. Cani bianchi divenuti neri per malattia professionale (spazzacamini). Lupi dementi che si facevano sfottere da tutto il branco. Bambini vietnamiti che scambiavano la notte per il giorno.
Ogni volta che rileggevo la fiaba ne cambiavo il finale. Lo inventavo ex novo. Li riscattavo.
Il pilotino.
Una favola fra queste narrava la vicenda di un “pilotino”. Cos’è un pilotino? Il pilotino è una barcarola che ha il compito di trainare i transatlantici in porto. Quelli arrivano davanti al frangiflutti carichi di container, droga, figa e quant’altro e il pilotino li aggancia e li traina fino al punto d’imbarco. Un lavoro frustrante, diciamolo. Avete mai visto l’attracco di una nave in porto? Tutti gli applausi vanno al mastodonte e il pilotino non se lo caga nessuno. E infatti il pilotino della fiaba un bel giorno decide di ribellarsi ad un destino così avaro di soddisfazioni e invece che agganciare la nave di turno la schiva e si lancia in mare aperto. Dove vai, imbecille? Ma niente, il pilotino va e nessuno lo fermerà.
A questo punto esistono due versioni. Versione dell’autore della fiaba: il pilotino si trova nel bel mezzo di una tempesta. Si mette a frignare, invoca aiuto ed è ormai giunta la fine quando un transatlantico lo nota e lo trascina
La memoria è una sedia accanto al letto. Non ci trovi mai i calzini, eppure ci sono. Solitamente ci si stufa prima di trovarli e si apre la cassettiera.
Versione mia: il pilotino supera la tempesta, si aggrega a un branco di navi pirate, fa un paio di scorribande qua e là per il Mar dei Salgassi (da piccolo adoravo questo nome), quindi si pente delle sue malefatte, attracca in un porticciolo carino e ivi conosce una bella pilotina. Il resto se lo sbriga da solo, non sono fatti miei.
Ritorno alla realtà.
Mi guardo intorno, aguzzo le orecchie e intercetto la conversazione. Una risata smorzata, un sorriso a bocca chiusa a chi ho di fronte. Rimane il fatto che qualcuno ha disegnato un pilotino sul muro. Perché? Che abbia anch’esso letto quella favola quand’era bambino? O forse le favole sono come gli standard della musica jazz, temi che si ripetono in migliaia di pezzi variandone solamente la ritmica o parte della melodia. Anche nelle favole esistono temi e personaggi che si ripetono all’infinito. Non sono altro che impalcature per dare sfogo ai nostri desideri o stigmatizzare le nostre ansie e frustrazioni.
Forse al pilotino del murales le cose vanno bene così come sono. Al mio pilotino no.
Che fine abbia poi fatto il libro del pilotino non ne ho idea. Probabilmente mia madre mi infinocchiò per l’ennesima volta. C’aveva anche ragione, vi dirò. Però rimango convinto che non bisognerebbe mai crescere. Non fosse altro per poter cambiare le favole a proprio piacimento. Che da grandi torna male. E si finisce per cadere nel tranello dei flashback nel bel mezzo di una cena.