Come una fenice
Sono le dieci di sera, ho messo il vestito buono, quello bianco con le paillettes. Ho anche messo il rossetto, il mascara, il fermaglio dorato. Non avevo voglia di uscire di casa oggi, analizzavo pigra le mie occhiaie e i capelli sfatti allo specchio. Ma sì, mi sono detta, oggi è festa. La mia Francia festeggia e io con lei. Festeggio la vita, il mare, l’estate, questo vestito bianco, questo rossetto comprato e mai messo. Festeggio anche il mio cuore rotto in via di guarigione. Ballerò sulle ceneri dei dolori passati, per poi rinascere, come una fenice.
La città pulsa, vibra, scalpita, esplode in grida di gioia. I fuochi d’artificio bucano il cielo in tutta la loro sontuosa eleganza. Ne vedo i riflessi sulle paillettes di questo vestito, sulla superficie del mare. Persino negli occhi di questa bambina accanto a me, così assorta da sembrare un’opera d’arte. Potrei fermare questo momento, dipingerlo, catturarlo, fotografarlo, ma preferisco restare qui a sentirlo dentro al petto. Nessun ricordo digitale. Nizza è così bella stasera.
Vorrei dirlo anche a mamma, farle capire cosa si sta perdendo. Me la immagino sul divano, mezza addormentata, la pelle morbida, la cucina impeccabile. Il pensiero mi rassicura. Ma sì, glielo racconto domani com’è andata. C’è della musica, un po’ come a Natale, quando mettono gli altoparlanti sui marciapiedi e tutto sembra una grande sfera di vetro che un bambino si diverte ad agitare. Quell’uomo finirà col sporcare se stesso e il suo bambino se continua a dargli il gelato a quel modo. Però è tenero. Maldestro e tenero in un modo unico.
Chissà come sarà tra le quattro mura di casa, chissà quanti baci della buonanotte sono rimasti tra le ciglia del figlio. Chissà quando ce lo avrò io un figlio. Camminerà sulla promenade con i suoi piedini pieni di carne tenera, si sporcherà con del gelato, avrà paura dei fuochi, o magari ne sarà affascinato. Chissà. Il ventaglio delle possibilità è così ampio che ogni giorno mi reinvento. Oggi femme fatale dalle labbra cremisi e domani chissà.
Festeggio anche il mio cuore rotto in via di guarigione. Ballerò sulle ceneri dei dolori passati, per poi rinascere, come una fenice.Pensavo avrei pianto, avrei sentito il cuore in gola, o tanto freddo.
Corro senza sentire il mio corpo, i polpacci paralizzati, le urla che affogano nel rossetto color sangue. Il camion è dietro di noi, non se ne prevede la tratta, e urlano, e corrono, corriamo, urliamo, bussiamo forsennati alle porte. Forse sto per morire. Ma io mica posso morire a venticinque anni. Mica posso morire così. Il peso della folla mi spinge a terra, non riusciamo a disperderci, a dissolverci, a volare via. Siamo tanti. Io sono una sola. Ho una sola vita. Inciampo in un corpo morto. Il vestito bianco con le paillettes si macchia di sangue. Il fermaglio scivola dai capelli. Io scivolo nell’incoscienza. Un rumore. Il mio cuore che accelera. La puzza delle gomme sull’asfalto. Penso a mamma sul divano. La pelle morbida, gli occhi quasi chiusi. Oggi sono femme fatale, domani chissà.
Domani. Quanta luce in una sola parola.
Un lungo, lancinante dolore sale dalla spina dorsale e mi avvolge gli arti, il cervello, le gambe. Venticinque anni. Che bella parola domani. Il vestito bianco ha visto la festa. La Francia festeggiava e io con lei.
La Francia piange, e io non più.
Su questo asfalto muore Julienne, soffocano i sogni che aveva nel petto, vengono demolite le ali che si stava costruendo. Julienne e il suo rossetto. Julienne e le sue ceneri, che dovevano farla rinascere come una fenice.
Come una fenice Julienne vola via.