Ansiel e Sgretol e il baule sepolto, favoletta dai fini scarsamente lieti.
Ansiel e Sgretol, due ragazzi figli d’una generazione che offriva molto ma non sfamava la loro curiosità, furono condotti nel bosco dal padre Amore e dalla matrigna Indifferenza, e lì abbandonati su consiglio della matrigna.
Vagando per la foresta, i due trovarono finalmente una piccola casa tutta fatta di marzapane, nella quale una vecchietta, signora Quotidianità, si offrì di accoglierli.
Ben presto si resero conto di non essere più liberi ma prigionieri della vecchia, che si era finta gentile e benevola quando in realtà tramava una trappola per il maschietto, che venne chiuso in una gabbia e messo all’ingrasso, così da metter su un po’ di carne perché la strega era ben decisa a mangiarselo.
Ansiel che, dovendo fare le pulizie, era libera di girare per la casa, riuscì con un trucco a spingere la strega dentro il forno, liberò Sgretol e così i due, impadronitisi dell’oro della strega, lo divisero con un atto notarile e cercarono il padre Amore, ognuno per la sua strada, avendo appreso che la matrigna era morta.
Erano nati da circa quarant’anni, appartenenti di diritto a quella generazione di illusi benestanti e confusi disossati che vagavano per il mondo alla ricerca di se stessi.
Proprio così: denocciolati fluttuanti per un mare di desideri, senza peraltro la capacità di discernere un progetto da un obiettivo. Chi lo sa se è per questo che non riuscivano a portare avanti se non azioni a breve scadenza, a causa di quel troppo benessere non richiesto che avevano ricevuto.
Sgretol era impiegato di banca, aveva preso il posto di suo padre ormai da un paio di decenni. Anche Ansiel era una che aveva sempre lavorato, subito appena finita l’università. Si erano incontrati al liceo e non si erano più lasciati, percorrendo insieme tutta la strada fin lì, ed avevano due desideratissimi figli ormai in età da medie inferiori: erano tra i pochi fortunati a cui davvero non mancava nulla.
A – ‘Non posso continuare, sono esausta, non te ne rendi conto? Ti pare vita questa?’
S – ‘… ? …’
(Sgretol non rispondeva mai quando lei si sfogava, il che era probabilmente la cosa più sensata ma ovviamente la mandava in bestia)
A – ‘Quanto credi che potremo continuare così??’
S – ‘… ? …’
A – ‘Non sono felice.’
Quell’ennesimo silenzio, aggravato dallo sguardo sul pc invece che su di lei, aprì un’altra crepa in un muro impastato con sabbia e fango mal mischiati.
Lui aveva già la testa isolata almeno due altrove fa. Lei, disprezzante e supponente, aggrediva stringendolo all’angolo, con un’armatura nuova solidissima ma… inutile, considerando che l’avversario era in evidente invertebrata osteoporosi decisionale.
Lui sarebbe fuggito, restava da capire dove, pur volendo restare… sospinto da lei che voleva trattenerlo ma non sapeva di poterlo fare.
Lei avrebbe allargato le spalle, dimostrando finalmente la tanto sognata autonomia come solitario ed inconsistente trofeo del secondo podio, volendo invece solo sciogliersi in liberatorie lacrime sulla spalla di lui, lui che di certo non sapeva e non credeva di poterla accogliere.
Erano d’accordo. Ansiel e Sgretol sarebbero scesi a quella fermata, in corsa da quel trabiccolo lanciato in discesa a tutta velocità. Tanto erano sicuri che sarebbero stati bravissimi, almeno sulla gestione dei figli.
Chissà perché ci si preoccupa tanto delle generazioni future senza capire che dipendono in maniera immediata da quelle precedenti. Che la felicità, per saperla imitare, bisogna averla respirata almeno qualche volta. Il che sarebbe una cosa scontata e deducibile più facilmente di un figlio a carico sul modello setteequaranta. Perché i figli sono a carico ed il carico porteranno.
E bisognerebbe capire cosa lasciamo nel baule in cui loro rovisteranno per scegliere i loro effetti personali, il loro starter kit da giovani esploratori del mondo da portare a fagotto sulla spalla e da costruirci tutto il resto.
Ma loro due avevano già predisposto per i loro ragazzi due bei bauli di legno pregiato e lucido, con i ricordi più belli da mostrare. Quanto al vecchio forziere del tesoro, sgangherato ed ancora pieno di tutto il resto, quella sera stessa era stato già sotterrato in giardino. Come se questo potesse bastare… come se i figli non conoscessero i genitori nel profondo e molto più di quanto i genitori possano mai conoscere i figli.
I ragazzi avrebbero trovato il vecchio baule ben presto e, senza far domande, avrebbero lasciato tutto lì.
E avrebbero vissuto giorno per giorno, a volte infelici, a volte contenti.