Je suis
Non mi riesco a ricordare se abbia spento o meno la luce della stanza dei bambini. A volte sono distratta. Non mi riesco a ricordare nemmeno se, effettivamente, io sia uscita o meno con i bambini. Ma quanti ne ho io, di bambini? Due? Si, devono essere due. Alle volte è faticoso ricordare tutto e io in questo momento non riesco a ricordare niente. Che freddo che sento.
C’è tutto questo calore che esce dal mio corpo e quello che rimane è il freddo. Un freddo che parte dalle mani. O forse dai piedi. Dalle mani e dai piedi. E poi sale, sale e arriva al centro del mio corpo, come se mi stessi ghiacciando dall’interno. Quante luci. Spegnetele tutte queste luci, che mi fanno male agli occhi. E poi che silenzio. Non sento niente.
Non mi ricordo. Ma perché sono qui?
Sono qui per terra, sento l’asfalto bruciare sotto la nuca, tutti quei sassolini che mi si conficcano nel collo, nella schiena. Ma perché? Forse sono scivolata. Ma se sono scivolata perché nessuno mi aiuta a rialzarmi?
se apro la bocca e cerco di spingere fuori qualche suono, è come se si fermasse lì a metà
La gente corre. Scappa via. Ma da cosa scappano? Aiutatemi, non lo vedete che non mi riesco ad alzare? Perché scappate? Da piccola amavo il gelato. Mi piaceva metterne tantissimo in bocca, da riempirla fino all’orlo e mi piaceva quella sensazione un po’ dolorosa di palato e cervello ghiacciati. Mi sento come se mi stessero riempiendo di gelato ma basta, per pietà, basta. Ho freddo. Voglio i miei bambini.
Spegnete le luci, spegnetele anche nella stanza dei bambini.
Quanto silenzio. Ricordo solo un rumore. Un petardo forse. O forse un’esplosione. E poi il silenzio, il freddo, la vita che esce dal collo. Tutto questo sangue. Chi lo avrebbe mai detto che dentro di me c’era tutto questo sangue. Ma di che colore è il sangue?
Sono stanca. Tanto stanca. E non c’è abbastanza aria sotto questo cielo. Vorrei chiudere gli occhi, riposarmi un po’ e svegliarmi a casa. Con i bambini.
Je suis Nizza. Je suis Dacca. Je suis Bagdad. Je suis Paris. Je suis Orlando. Je suis Istanbul.
Je suis un essere umano che, mentre festeggiava la vita, ha trovato la morte.