Retrogusto d’un sapore d’estate, la pasta con i tenerumi
Un buon retrogusto è ciò che ti resta dopo aver mangiato qualcosa di davvero molto buono.
È la persistente soddisfazione che ti fa persino talvolta rifiutare la portata successiva, non per sazietà, ma per non rischiare di rovinare la sensazione di palato buono e di compiuto conforto.
Così ci si sente dopo un piatto di pasta con i tenerumi, minestra estiva tipica della Sicilia.
I tenerumi o talli sono le foglie tenere ed i germogli della zucchina di varietà lunga siciliana.
Che trionfo di gratitudine quando la trovi pronta tornando dal mare!
Benedetti siano mamme, papà, consorti o chiunque abbia una tale preziosa cura da cucinare una cosa del genere per qualcun altro.
Io ci pensavo da giorni, che quest’estate non l’ho ancora mangiata, e questa cosa è davvero inaccettabile!
Dunque oggi l’ho preparata: premeditatamente, deliberatamente, apposta e solo per me: una coccola.
C’è una cosa altrettanto unica e particolare come questa minestra?
Se si chiedesse ad un siciliano di spiegarne il sapore, risponderebbe che… no, non si può, occorre provarla per capire.
Eh sì… bisogna proprio andare in Sicilia e fare il ‘sacrificio’ di gustarla, magari a completamento, e parziale tentativo di risanamento, del tour gastronomico di street food quasi obbligato che qui vi si offre: panino panelle e cazzilli (crocchè), arancine, brioche col gelato, rosticceria per tutti i gusti, e verdure (sane in origine ma poi fritte in pastella).
Diciamo che da quest’isola i nostri ospiti vanno via con i cuori, e le pance, un po’ più pesanti rispetto al loro arrivo.
Nel caso che questa pietanza non si sappia preparare, non sarà difficile trovare un siciliano disposto a condividerla mentre al ristorante non sempre si trova: la pasta con i tenerumi è una cosa di casa.
Se tanto va di moda definire un posto a cui ci si affeziona irrimediabilmente come ‘luogo dell’anima’, be’, allora la pasta con i tenerumi è un ‘sapore dell’anima‘.
Ed è inoltre una bella sfida.
Nel dire ‘minestra estiva siciliana’ si esprime la forza termica di quasi cento gradi: quaranta della minestra, quaranta dell’estate siciliana, e venti in più in omaggio, percepiti per il repentino sbalzo di calore.
Eppure quasi tutti definiscono questo sapore come delicato e rinfrescante.
Io aggiungo che è intensamente profumato d’un aroma inconfondibile, e abbastanza dolce, un po’ diversamente zucchina, per dire.
La ricetta è facilissima – al di là delle decine di varianti che ciascuna famiglia tramanda – e senza quantità precise, ché in Sicilia di minestra si fa sempre una pentola piena.
Nel fondo di olio e aglio, si mettono le fogliette più tenere (ben lavate, svenate sommariamente del filo portante della foglia – se si vuole – e sminuzzate), circa un mazzetto di tenerumi ogni due persone, aggiungendo – cosa gradita di certo ai palermitani – qualche ‘coccio’ di pomodoro fresco spelato e/o qualche cubetto di zucchina lunga.
Puntualizzo un fatto importante, rispetto all’aglio: io credo che sia immancabile purché rigorosamente eliminabile! Perché se mettere l’aglio è un dovere, poterlo toglierlo è un diritto.
Si aggiunge acqua abbondante e poi sale a proprio gusto. Si cuoce alcuni minuti, poi si può già ‘calare’ la pasta.
Il formato preferito è lo spaghetto spezzato che si può pure comprare già bell’e fatto ma la malinconica e adorabile procedura originale prevede che questa fase sia ad opera dei bimbi di casa, incluso l’ultimo passaggio di schiacciare gli spaghetti chiusi dentro uno strofinaccio per renderli più piccoli.
Chiariamo che la pasta con i tenerumi si ‘scende’ al dente (scuserete, ma in Sicilia il verbo scendere è deliberatamente ed ostinatamente transitivo), insomma si termina la cottura un minuto prima perché è più buona se riposata e con la giusta quantità di brodino.
Un piatto del genere è come un’avventura d’amore d’una sola estate: magari lo sai già che è un sapore che puoi gustare solo per pochi mesi ma è ugualmente una delle cose più belle che possano capitare. E anche se già al primo cucchiaio intravedi un finale quasi scontato, perché a quel sapore ti legherai e poi ti mancherà, decidi di gustare quel momento meglio e più che puoi.
E pensavo che, potendo scegliere, è un bel modo di restare impressi nella memoria di qualcuno, l’andare via in tempo per poter lasciare un perenne buon sapore, intenso e potente ma fresco e amabile. Qualcosa che resta nel cuore e quando riaffiora chiudi gli occhi un istante e fai istintivamente un sorrisetto compiaciuto.
Non come certe storie e ricette tanto pesanti che non riesci neanche più a pensarci, per il ricordo di non aver digerito quella volta che…
Si ringraziano gli amici del gruppo facebook di cucina siciliana Billincucina per il contributo con la foto di copertina di questo articolo.