Politica: femminile singolare
In Gran Bretagna, almeno così pare, il ministro degli interni Teresa May, sembra la più accreditata per prendere il posto di David Cameron che si dimetterà.
Contro il super sfiduciato Jeremy Corbin ci sarà una donna per conquistare il primo posto di capo del Partito Laburista. E in Scozia, contro l’uscita della Gran Bretagna dall’Unione, c’è un primo ministro donna (che vuole pure l’indipendenza dal Regno Unito).
In Italia abbiamo visto che cosa è successo a Roma e a Torino: due vittorie dei Cinque Stelle, ma soprattutto due donne giovani con successi ampi o inaspettati.
Se poi ci si addentra ancora di più nella politica, e anche negli altri campi, si vede che il fenomeno della presenza femminile si sta diffondendo nel mondo (pensiamo alla Clinton in America, anche se lei si porta dietro ilo vizio americano della parentela).
Nessuna di queste donne di successo deve le proprie vittorie o la propria presenza a una legge sulle pari opportunità.
Una legge che ha un senso là dove ci sono da garantire dei diritti, come nel caso del lavoro. Campo nel quale le donne ricevono, notoriamente in modo documentato, retribuzioni inferiori.
Ma la politica non prevede un diritto a essere eletti. Non solo, ma con questi sistemi elettorali che spesso non prevedono una scelta da parte degli elettori, ma solo dei capi partiti, garantire le quote rosa o quelle maschili, non offre alcuna garanzia di qualità. E’ solo un accesso facile per la mediocrità (maschile o femminile che sia).
Le donne, come gli uomini, hanno diritto a regole certe, a parità di condizioni per potersi esprimere, per poter essere apprezzate. Non essere eletti comunque.