David Bowie – Space Oddity
Quello che mi ha fatto innamorare di Bowie è il suo album forse più famoso, il celeberrimo “The rise and the fall of Ziggy Stardust and the spiders from Mars”. Ricordo, tra le altre cose, quelle meravigliose e sublimi urla di “Five years” e soprattutto “Rock ‘n roll suicide”, in cui lo strale finale you’re not alone pare allo stesso tempo partecipazione al dolore più intenso dell’esistenza, la solitudine, e invocazione ad una salvifica reazione. Ma la canzone con la quale vorrei ricordarlo è questa “Space Oddity”, anno di grazia 1969. Ovvero: come trattare un argomento scomodo come la droga senza cadere nel trivio o nella banalizzazione. E ancora: come unire un certo tipo di cronaca, lo sbarco sulla luna, e un’altra ancora, l’abuso di eroina allora piuttosto in voga. E ancora: come rappresentare un orgasmo in musica e parole. E infine: come scrivere una canzone di struggente bellezza. Quindi grazie, David, per avermi fatto passeggiare nello spazio insieme al maggiore Tom. In effetti è vero, da lassù il pianeta terra è proprio blu. E così maestoso che l’unica cosa che viene da pensare è davvero: non c’è niente che posso fare. Tutto è così completo lassù. Come questa canzone. Buon viaggio da Fus, RadioFus e chi scrive e viaggia sulle tue note (e parole).