I quadri delle stanze d’albergo
Mi avevano detto che in quella città era nato un personaggio storico molto importante. Chi? Quello della statua. Quale statua, quella grande grande? Quella grande, sì, la più grande. La statua in piazza. Ma il fatto che noi ci trovassimo in Francia e quel personaggio avesse una statua in Italia, mi metteva qualche dubbio. Insomma, qualcuno mi aveva spiegato che le statue si intitolano agli eroi, quelli buoni che arrivano e salvano tutti. O difendono i bambini, le donne, i poveri cristi. E se lui era francese non poteva essere un eroe italiano. Io ricordavo cosa diceva mio zio dei francesi mentre schiacciava le sigarette nel portacenere. I francesi non aiutavano i poveri cristi italiani, anzi. Niente, c’era qualcosa che non funzionava. Mi misi a cercarlo tra i quadri appesi nel corridoio dell’albergo, ma non c’erano che mulini e chiese. In compenso trovai una poltroncina marrone e decisi di affondarci le mie giovani natiche. Potrebbero essersi sbagliati, mi dissi. Anche gli adulti a volte sbagliano. Fu allora che mio padre mi trovò e a giudicare dai sacramenti che sparse nel corridoio mi doveva aver cercato a lungo. Mi prese per un braccio e mi ricordò che non capivo proprio un cazzo e che un bambino intelligente non si sarebbe messo a girare a zonzo per quella topaia chiamata albergo. Fui ritirato a malo modo nella stanza. Prima di entrare mi voltai di scatto in direzione di una porta che si era aperta nel nostro corridoio. Mi pareva di averlo visto. Ma non poteva essere lui, lui era morto tanti anni fa e lo si poteva vedere solamente nelle statue e nei quadri. Non era lui, era uno che ci assomigliava. Uno con la barba, dissi io. Un capellone, disse mia madre. Un drogato, disse mio padre. Che bel posto di merda, aggiunse. Io e mia madre facemmo sì con la testa.
Preferisco gli alberghi piccoli e scabecci, dove i quadri sono brutte stampe e le cornici sono sporche ma i temi solitamente tutti differenti
Ho sempre avuto una grande attrazione verso i quadri delle stanze e dei corridoi di albergo. Che forse dovrei girarla così: ho sempre avuto una grande attrazione verso le cose che non considera nessuno. Ma questa è un’altra storia. Non c’è stanza d’hotel dove non abbia studiato il corredo grafico nei particolari, non c’è corridoio dove non mi sia soffermato sui dettagli di stampe e affini. Quando abitavo a Malta ho lavorato in un Hotel. Un bell’hotel, quattro stelle, forse cinque, ma io facevo le pulizie, una vita di merda, un caldo della Madonna, però entravo in tutte le stanze e potevo guardare i quadri alle pareti. E immaginavo quel manager che un bel giorno era andato all’Ikea di Malta e aveva ordinato quindici vedute di New York, quindici riproduzioni del bacio di Klimt, quindici aurore boreali e quindici colossei. E manco una foto di Malta. I soldi uccidono i localismi e riducono tutto a provincia d’America.
Preferisco gli alberghi piccoli e scabecci, dove i quadri sono brutte stampe e le cornici sono sporche ma i temi solitamente tutti differenti. Ci sono anche fotografie, tante fotografie. New York tira anche tra i due stelle. Del resto, la grande mela è roba per ricchi e poveri. Ma l’immancabile è Marilyn Monroe. Quella è dappertutto. Gonna su, gonna giù. Mi è capitata pure Audrey Hepburn. Greta Garbo, addirittura. Alberghetto anni trenta, riviera ligure di ponente, conduzione familiare. Ci stava.
Le foto d’epoca. Cazzo. Le foto d’epoca del luogo in questione. Quelle si trovano spesso. Se poi la città su cui poggia le fondamenta l’albergo si chiama Roma, aspettatevi riproduzioni del Colosseo dal dagherrotipo in poi. E pure qualche dipinto. Roba borghese, comunque. Occorre un tre stelle. Sopra è più indicata una selva di grattaceli, sotto non importa, un paesaggio bucolico, una stampa a computer, frega un cazzo a nessuno. Marilyn però va sempre bene. E New York, pure. Già detto.
I personaggi storici invece non li troverete mai. L’avevo capito già allora. Troppo ingombranti. Anche se a rompere le palle sono andati nello Stato a fianco. Eppure ci avevano fatto una statua, nella mia città. La più grande che c’è. Mi misi a guardare Nizza dalla finestra della mia stanza. Il cielo era basso, i gabbiani si lamentavano. Non c’è un cazzo di pesce, stridevano. Posto di merda.
“Papà, sei sicuro che Garibaldi fosse nato a Nizza?”
“Si, sicuro”
Non capivo. Decisi che un giorno, all’università, avrei studiato storia.