La pioggia
Non mi piace molto la pioggia le dissi un pomeriggio qualsiasi di forse una, o due, vite fa. E mentre lo dicevo, passavo un dito sulla superficie liscia del vetro della finestra. Si era formata un po’ di condensa e mi divertivo a fare dei ghirigori immaginando che fossero dei dipinti perché, pur non avendo il benché minimo talento, ogni tanto mi piaceva immaginarmi artista. Una di quelle artiste incomprese che lasciano un’eredità tutta da interpretare. O forse una critica d’arte. Sì, una di quelle che tengono le lezioni nelle università e che hanno sempre un’opinione su tutto. Un’opinione articolata, seria, mica come quelle opinioncine che non ascolta nessuno. Ecco, forse all’epoca non sarei stata in grado di descrivere quella sensazione con le stesse parole di oggi, ma avevo nove anni ed era una giornata di pioggia.
Le bambine dovrebbero stare con le mamme, anche se le mamme sono un po’ tristi.
Non avevo manco capito come si chiamasse. Era spettinata e aveva le unghie tutte mangiucchiate e con su uno smalto che aveva visto tempi migliori. Erano proprio mani diverse da quelle della mia mamma…La mia mamma ci teneva alle mani, mi ripeteva spesso che le mani pulite e curate aiutano a essere puliti dentro e fuori. E pur non capendo cosa significasse tutta questa attenzione verso le mani, comunque me le lavavo, specie in corrispondenza dei pasti. Anche perché altrimenti in corrispondenza del mio sedere sarebbe arrivata una ciabattata castigatrice. A volte, a casa mia, i modi per impartire le lezioni di vita erano piuttosto spicci.
“Certo non parli molto” le dissi un po’ infastidita. Si rannicchiò meglio sul divano, portandosi le ginocchia sotto il mento, e notai che un leggero tremore le percorse il viso. Sembrava quello che scuoteva il mio quando litigavo con mio fratello e improvvisamente qualcuno mi diceva che mi dispiace, ma avevo torto marcio e dovevo chiedere scusa.
Mi sa che sei triste. Io quando sono triste apro quella scatola lì… dissi, indicandole una scatola di latta sulla libreria. Alzò lo sguardo e finalmente disse: Cosa c’è in quella scatola?
Ci sono le caramelle al seltz. Le porta sempre mia nonna. Ti dico un segreto: fanno schifo a tutti però se ti viene da piangere e ne mangi una, ti solletica il naso e le lacrime vanno via. Poi puoi pensare a una cosa bella, che ne so, tipo a una giornata di sole, e se ne va via anche la tristezza. Funziona sempre…
Mi daresti una caramella magica?
Corsi a prendere la scatola e le allungai una caramella.
Perché sei triste? E’ per via della pioggia?
No. La pioggia non c’entra. Sono triste da tanto tempo e non c’è proprio modo di mandarla via questa tristezza. Mi hanno visitato tanti dottori, mi hanno fatto parlare con tante persone. Tutti volevano far andar via la tristezza ma non ci è riuscito nessuno. Allora sai cosa hanno fatto? Mi hanno portato via Federica, l’unica ragione di gioia.
Chi è Federica?
E’ la mia bambina.
E quanti anni ha?
Un anno. Un anno e tre dentini.
Le bambine dovrebbero stare con le mamme, anche se le mamme sono un po’ tristi.
Lo so, ma secondo i dottori è meglio di no.
Rimasi un po’ in silenzio, a contemplare la libreria. Non sapevo il suo nome, sapevo che era un’amica di mio fratello che aveva un po’ di problemi e che si sarebbe fermata da noi qualche giorno. Giusto il tempo di raccogliere le idee.
Sai – riprese – A me piace la pioggia. Nelle giornate di pioggia si ferma il tempo, si ferma il dolore e si fermano i ricordi. Nelle giornate di pioggia mi sento leggera, come quando spingevo Federica sulle altalene. Mi capisci?”
Si certo…mentii spudoratamente. Non ci avevo capito un accidente.
Mi daresti due o tre caramelle di scorta? Forse possono aiutarmi a fare un grande salto.
Gliele diedi, lei mi diede un buffetto sulla guancia e se ne andò senza salutare.
Oggi, rovistando fra alcune cartacce che avevo buttato alla rinfusa in valigia prima di partire per l’India, ho trovato un foglietto tutto accartocciato. Uno di quegli appuntini che potrebbero pure essere liste della spesa ma che aveva la grafìa illeggibile di mio fratello. E allora ho ricordato. E ho capito.
In un giorno di pioggia, con in tasca qualche caramella al seltz, una ragazza di 23 anni, che nessuno aveva avuto la pazienza di ascoltare ma alla quale avevano tolto una bambina affidandola ai servizi sociali ha deciso di lasciarsi alle spalle tutta la tristezza del mondo facendo un grande salto.
Mi affaccio alla finestra, si sta preparando un temporale a Delhi. L’aria fuori è calda e appiccicosa; sui vetri si è formata un po’ di condensa. E mentre passo un dito sulla superficie ialina disegnando un fiorellino, penso che no, a me i giorni di pioggia veramente non mi sono mai piaciuti.