Pacchio e Pacchione
Son giornate di festa. In un mese, Pasqua, Pasquetta, 25 Aprile e 1 Maggio. Hai voglia a dire: sì ma sono a dieta. Inevitabilmente fioccano tavole imbandite, grigliate e grandi mangiate. Tanto poi arriva il lunedì e la penitenza si porterà via lo scotto di ogni peccato… forse. La solita vecchia storia. La fanciulla taglia quarantadue che ti dice no sai, non mangio perché devo dimagrire, e tu, che la quarantadue la portavi fino al secondo anno di età e poi l’hai salutata per sempre, daresti testate alla punta delle corna di uno stambecco.
Quando 200 km appena di autostrada trasformano una cosona in LA cosa!
Eh sì, perché poi ci sono quelli che con le diete hanno a che fare da lustri. Praticamente da sempre. Quelli che… sottopeso al massimo da neonati, dopo il calo c.d. fisiologico! Quelli che, già da piccoli, sono abituati agli amabili sfottò del mondo circostante e che, se sono fortunati, hanno imparato a riderne per primi. A Palermo la parola con cui impari presto a fare i conti è: pacchione. Nella sua variabile munita di articolo: u’ pacchiuni. Pacchione, infatti, nello slang della mia città, è il diversamente magro. Appellato in un modo che è una via di mezzo tra l’ironico, lo sfottimento mordace e il discriminatorio. Attenzione: da non confondere assolutamente col pacchione in uso linguistico nella pur non lontana Catania: che sotto le sponde dell’Etna vuol dire decisamente tutt’altro. Quando 200 km appena di autostrada trasformano una cosona in LA cosa! Un ciccione, qui; u’ pilu lì. Un grande pacchio, ad essere precisi. Insomma, un figone, come direbbero molto più a Nord.
L’idea di questa sorta di outing, tuttavia nasce non da esigenze di distinguo lessicali, quanto piuttosto dalla voglia di prendermi e prendersi bonariamente in giro. Perché no, anche per smitizzare un grosso problema, o se preferite, un problema veramente di peso. L’ironia aiuta ad alleggerirsi e per chi aspira alla leggerezza per antonomasia non è roba da poco. E poi, come si dice, una risata vi seppellirà. Troppe persone vivono il sovrappeso, a volte davvero più immaginario che reale, in modo fin troppo sofferto. Non ne vale la pena. Facciamo ciò che serve alla nostra salute e ridiamoci su. Magari anche di fronte a certe cose che ci vengono dette.
Chi ha chili in eccesso è abituato a sentirsi dire, da medici e non, che il grasso finirà col seppellirti. La delicatezza di tali responsi, solenni come oracoli dell’antica Grecia, spesso richiama quella di un animale notoriamente leggero e iconograficamente atletico: l’elefante.
L’ironia aiuta ad alleggerirsi e per chi aspira alla leggerezza per antonomasia non è roba da poco
Ma tant’è, dicono che bisogna conoscere i problemi per affrontarli efficacemente. E infatti, puntualmente, tutti i fortunati beneficiari di simil oracolo, dal minuto dopo iniziano subito a dimagrire, statistiche alla mano… ma quando mai??! Le uniche cose che dimagriscono sono i conti in banca, perché dopo simili responsi scatta la corsa sfrenata: alla miglior palestra, al miglior centro specializzato, al miglior dietologo nutrizionista, quello che ti fa mangiare di tutto e di più, ti concede la domenica libera, la pizza col wurstel, quello che ti gratifica sempre o piuttosto quello che ti fustiga se prendi cento grammi e che pensa che la versione italica dell’istruttore cattivo di Ufficiale e Gentiluomo (non Richard Gere, ragazze, mi dispiace, avete frainteso!) possa applicarsi con
successo all’ambito alimentare. E se per caso, malgrado tutto questo, la bilancia non ti rende ancora giustizia, ti rimangono sempre loro: gli amici strizzacervelli, quelli del bisogna conoscersi per capire le radici dei problemi, a costo di mettere le mani nella merda, a fondo, scavare dentro noi stessi, perché per risalire bisogna prima affondare. E nel frattempo dimagriscono appunto di brutto le tue finanze. Mentre del peso, manco a parlarne.
Insomma, amici magri, meno magri, falsi grassi o veri obesi: ridiamoci su. Magari seriamente, ma… non troppo! Non so voi, ma a me sta’ cosa del pacchio e pacchione, mi ha sempre fatto sorridere. Certo, se poi un catanese maschio mi da del pacchione forse un po’ mi preoccupo pure, eh…