Te lo (de)scrivo io, il Libano…! #1
Si occupa di pubblicità, manda avanti ricerche in ambito universitario, danza e, soprattutto, guarda il Libano da lontano con un’occhio beffardo ma ancora innamorato.
E’ Deborah Phares, giovane talentuosa libanese che ho avuto modo di intervistare. I suoi bozzetti ironizzano sul linguaggio parlato dei libanesi, affezionati a quel mix bizarro di arabo, inglese e francese, traccia del lungo mandato. A racchiudere l’idea, la frase di cui la stessa Phares è ideatrice: “Hi, kifak, ça va?”, ossia un mix di inglese, arabo e francese per salutare una persona quando la si incontra. Fra storpiature popolari e ricercati calchi, la poliedrica artista esplora con leggerezza ed ironia la complessità dell’identità libanese che si
Fra storpiature popolari e ricercati calchi, la poliedrica artista esplora con leggerezza ed ironia la complessità dell’identità libanese
Ma lasciamo la parola a lei…
Fra ironia, ritratto fedele, fotografia di un paese da proporre all’estero, studio di usi e costumi, critica e satira… Quale ritieni che sia l’obiettivo delle tue immagini e del tuo lavoro?
Il mio è un tentativo di guardare con simpatia il linguaggio dei libanesi. Attiro l’attenzione su quel mix culturale in cui navighiamo e che crea parole ispirandosi ad altre lingue. Chiaramente dietro c’è una ricerca ma non posso parlare di un vero e proprio studio perché per me resta un hobby a cui dedico 2-3 ore a settimana, a margine del moi lavoro.
Il tuo target: i libanesi o il resto del mondo?
Idealmente, entrambi. I libanesi si fanno due risate, per gli altri invece è una scoperta. Vado ad attingere dal francese, dall’inglese, colpisco poi gli italiani, i turchi, gli spagnoli e addirittura i russi.
Su ogni figurina evidenzi « creato in Libano ». Una sorta di Made in Lebanon che traccia il tuo orgoglio?
No, in realtà è per sottolineare che le espressioni a cui mi riferisco sono libanesi e non marocchine, algerine, turnisine. Anche in altri paesi esiste questo fenomeno ma le parole sono leggermente diverse. In questo modo evito l’amalgama e la confusione.
Graphic Novel e fumetti sono in voga in Libano e in Medioriente in genere, a partire dal successo di Persepolis di Marjane Satrapi. In Libano abbiamo anche Maya Zankoul (che ho intervistato tempo fa e di cui potete leggere l’intervista QUI) e Zeina Abi Rached. Come ti collochi, tu, di fronte a queste colleghe? Pensi si possa parlare di un vero e proprio gruppo di creativi ed intellettuali libanesi o li consideri percorsi autonomi uno dall’altro? Conosco poi soprattutto donne che si mobilitano nel campo, tu sai dirmi qualcosa in merito?
Mi occupo di pubblicità per professione. Anche avendo ottenuto il premio Boghossian, non mi considero illustratrice professionale. La mia passione sono i nomi e le espressioni libanesi, la loro evoluzione e l’impatto sulla società. Al contrario di Maya o Zeina, per le quali questo rappresenta un lavoro, io non racconto storie e non voglio criticare la società. Mi considero comunque pionera per quanto riguarda la trasposizione in immagini di tematiche proprie dell’identità linguistica libanese. Che è poi la tematica su cui ho basato il mio Master nel 2002. Sulla scia dello slogan « Lebanon moulta2a les cultures », ho creato « Hi Kifak Ça va Ciao » (mix di inglese francese arabo e italiano), che è poi stato ripreso. Comunque, ci sono uomini che trattano tematiche di attualità anche in Libano, come Mazen Kerbaj il cuo lavoro risale a molti anni prima rispetto a quello di Marjanne Satrapi.
I tuoi personaggi: l’uomo, Abou Ras, « parla » con caratteri arabi, mentre « Madmozél », la donna, usa caratteri latini. Perché?
Per un motivo semplicissimo: bisognava che ogni personaggio corrispondesse al concetto che andavo a trattare attraverso le sue rappresentazioni. Visto che le espressioni libanesi di cui tratto sono limitate al corpo umano, ho pensato al nome Abou Ras (Ras significa testa, Abou è traducibile con Signore, in maniera amichevole). Quando invece lavoro sulle parole deformate del linguaggio libanese, «Madmozél» cadeva a fagiolo. Di qui, la ripartizione fra parole descritte e il sesso dei due personaggi!
Con Deborah parlo poi del buon rapporto mantenuto fra Libano e Francia anche dopo e nonostante il mandato e della grande propensione dei libanesi per lo studio delle lingue. Non ci si ferma infatti alla triade arabo-francese-inglese, ma all’elenco si aggiungono italiano, tedesco, portoghese, persiano, spagnolo e chissà quali altre ancora.
L’artista ha inoltre regalato a facciunsalto.it una delle sue immagini: la rappresentazione ironica degli spaghetti, con la traslitterazione fonetica di come vengono denominati in Libano…
Se vi è rimasta la curiosità, vi aspettiamo la prossima settimana con la seconda parte dell’intervista!