Quando a vincere è la mafia
Bruno Vespa:«Per lei la mafia cosa è?» Salvo Riina:«Non lo so, non mi sono dato una risposta definitiva, la mafia può essere tutto e nulla». Bruno Vespa:«Mi colpisce che lei non riesca a dire che suo padre ha sbagliato». Salvo Riina:«Perché dovrei dire che mio padre ha sbagliato? Lo deve dire lo Stato questo».
Dell’intervista al figlio del capo dei capi di Cosa Nostra a me rimane questo, e da questo vorrei partire, avendola vissuta e amata, questa Sicilia. Riina junior difende suo padre, la famiglia e la sua terra, la Sicilia. Non fa altro che fare questo, nella mezz’ora scarsa della sua intervista, sapendo benissimo di avere vissuto la vita del figlio di un latitante, sapendo perfettamente di avere un padre che ha seminato morte in giro per la sua terra. Tutte queste cose lui le conosce benissimo, ma ovviamente non gli interessa ricordarle.
Suo padre ha sbagliato per le leggi dello Stato, spiega tra le righe Salvo Riina, ma non è questo che gli importa, perché è ai valori della famiglia che lui guarda, quando parla del padre. Un buon padre, punto e basta. Per dire che era un mafioso, bisognerebbe definire la mafia. Ma Salvo Riina non ha alcuna definizione per la mafia, così come non ha alcun tumulto interiore quando vede saltare in aria Giovanni Falcone. Ancora, se le responsabilità sono in capo al padre, e infatti gli scappa un «sta pagando per questo», al figlio non interessa, perché per lui Totò Riina è il padre. Un buon padre, punto e basta.
Non sai mai, in Sicilia, se stai parlando con uno che vive di mafia o vive accanto alla mafia.
Infine, c’è quella più subdola, che si chiama accettazione e utilizzo del sistema mafioso. E questa è la mafia dei cittadini siciliani che sanno ma non vogliono sapere. Il sistema mafioso non ha infatti una linea di demarcazione chiara.
Non sai mai, in Sicilia, se stai parlando con uno che vive di mafia o vive accanto alla mafia. Non lo capisci, perché la mafia si sviluppa in una rete infinita di conoscenze e amicizie, nella quale prima o poi finisci, vista l’assenza dello Stato e dei servizi che lo Stato dovrebbe garantire. Privartene potrebbe costarti molto, quindi non guardi tanto a chi ti da cosa, ma a cosa ti da chi. Infatti, sorpassi tutti all’ospedale se conosci un amico di un amico, e in cambio sei disposto a dare qualcosa. Sai che devi pagare un euro al parcheggiatore abusivo davanti al Palchetto della Musica, sei cosciente del fatto che lui è li perché la città degli abusivi è controllata da sette mandamenti, ma paghi, punto e basta, e ringrazi pure, magari chiamando quello «il mio parcheggiatore». Come se riavere la macchina tutta intera sia una concessione, più che un diritto. Oppure, ti capita l’amicizia con chi vive di espedienti o è senza lavoro ma non se la passa male. In Sicilia l’amicizia, quando non il rapporto di parentela, è più importante di quello che qualsiasi persona rappresenti. La mafia tesse li la sua rete infinita: incolla il fedele con il riluttante.
Una maglia è un mafioso vero, l’altra un cittadino costretto a chiedere aiuto per non soccombere nel deserto creato dall’assenza delle istituzioni. E lo sanno tutti che se a Mondello vai avanti per un poco, alla fine c’è una scogliera nemmeno troppo bella, ma per entrare e parcheggiare ti ci vogliono cinque euro di finanziamento, ovviamente alla mafia. Lo sanno tutti che nel pieno centro di Palermo esistono ville costruite dai fratelli Sansone senza alcuna autorizzazione e che in una di quella visse per anni e senza troppo nascondersi il geometra, nonché ricercato, Totò Riina. Nessuno si accorse della sua presenza, così come nessuno si accorse che qualcuno stava riempiendo di tritolo un cavalcavia di Capaci.
vista da vicino, quella che noi definiamo omertà, in realtà è solidarietà
Seppur efficaci, perdono presto efficienza gli arresti eclatanti o le confische pesanti alla mafia, capacissima a riorganizzare gli spazi lacerati dalla penetrazione delle istituzioni perché consapevole che il cittadino continuerà a dare l’euro al parcheggiatore abusivo stringendogli la mano.
si volta le spalle all’infame che tradisce il vincolo familiare
E li si tesse la tela, sempre più salda, tra operatori della mafia e cittadini. E semmai uno della famiglia dovesse essere arrestato per motivi di mafia, per la famiglia rimane padre o figlio e per gli amici, un amico. Non si volta le spalle ad un assassino, se prima di sparare ti ha stretto la mano. Invece, si volta le spalle all’infame che tradisce il vincolo familiare, la sacralità delle origini e della terra.
Un vincolo che non concederebbe deroghe a nessuno, nemmeno a Salvo Riina.