Il mondo finirà

Il mondo finirà. Da un’altura ormai brulla osservo quello che resta di una vallata fino a poco tempo fa brulicante di vita. La terra si squarcia, sconvolta dai terremoti, dalle eruzioni dei vulcani, dai ghiacci che avanzano, dalle stelle che cadono e impattano il suolo.

Il mondo finirà, io lo so; non sono certo la creatura più sapiente che esista, ma di questa cosa sono sicuro.

In realtà sono uno strano ibrido, me ne rendo conto. Mangio di tutto, carne o semi, non ho una corporatura possente, niente a che vedere con il terribile tirannosauro, né sono fulmineo come il piccolo e crudele velociraptor. Io non sono come loro, io ho qualcosa in testa che loro non hanno.

Finora sono state le creature così sanguinarie a dominare questo mondo. Eppure anch’esse ora hanno paura. Non hanno risposte nel loro piccolo cervello, ma neppure le domande. Non si chiedono cosa ci sarà domani.

Il domani non è più quello che conosciamo, uguale a oggi. Io lo so, perché sono una creatura che prima non c’è mai stata. Non sono simile a nessuno. Non ho pelle squamosa, denti affilati, unghie rapaci o ali membranose. La mia pelliccia è rada, cammino a quattro zampe, ma resto alto su quelle posteriori e spesso mi ritrovo a camminare eretto. Non è che ci penso, mi viene naturale. Non ho visto nessuno ancora che faccia come me, tra i miei simili. Anche loro, come tutti gli altri animali, vivono senza domande, temendo il presente più che il futuro.

Io invece ho questa cosa che mi abita in testa, certe esitazioni mi risuonano là dentro, formano immagini, dubbi, domande. Come questa, cui non so rispondere: perché solo io?

Cioè: perché tutto questo capita solo a me? Cosa ho di diverso che mi fa presentire che il mondo finirà e nello stesso tempo mi rassicura che non sarà per sempre? Nella testa mi raffiguro delle strane visioni di qualcosa che adesso non esiste, il mondo che sarà dopo di questo. Un mondo diverso.

Come io sono diverso.

Le creature del cielo volano impazzite nell’aria appestata dallo zolfo e da altri miasmi che salgono dal cuore ferito della terra. Tutti avvertono un pericolo, ma solo io, a quanto pare, vado oltre. Nella mia testa vedo, ma più che altro immagino, ed è già incredibile che io sappia farlo, un altro me stesso nel domani che sarà, che solo lontanamente somiglia ai miei simili di ieri, e un po’ di più a quello che oggi vedo riflesso nell’acqua quando cerco una pozza per bere. È più alto, più diritto, usa le zampe anteriori per fare tante cose: costruire o distruggere, afferrare o accarezzare. Non si arrampica più sugli alberi, lui corre nella foresta, nella savana. È veloce e agile. Non si limita a cercare i semi, ma li pianta nel terreno. Costruisce oggetti che usa per difendersi, ma anche per attaccare.

Che strano animale.

È un animale superiore, bellissimo e perfetto, lo vedo dominare gran parte delle creature viventi, o ci prova. Con molte di loro stringe patti di alleanza o di utilità fino alla convivenza pacifica.

Quasi non ci credo che sia possibile. Animali che vivono fianco a fianco senza sbranarsi, senza attaccarsi per difendere una femmina, un territorio, un cucciolo. Creando piuttosto un mutuo aiuto: io ti do da mangiare e un riparo, tu fai la guardia alla mia famiglia, oppure mi dai il tuo latte, la tua lana, oppure mi scaldi il letto e allontani piccoli animali fastidiosi, oppure mi porti sulla tua schiena.

Mi si chiude un po’ la gola, sento battere forte qualcosa nel petto e non è la paura per l’ennesimo boato del cielo. È l’incredulità per qualcosa che non mi spiego come possa avvenire, questa amicizia fra animali così differenti, fra questa creatura che ancora non c’è, che mi somiglia, ma non è come me, e altre razze che rinunciano alla libertà per stare con lei. Sento che è un legame che oltrepassa il puro senso di convenienza. La creatura che verrà, dominatore di gran parte del mondo vivente senza essere possente come i grandi predatori di oggi, sarà capace di provare qualcosa cui io adesso non sono in grado di dare un nome, ma di certo è simile a quella che mi preme nel petto.

L‘oscurità che incombe però mi proietta nella testa altri dubbi. È come se temessi che questa nuova potente creatura possa non essere in grado di dosare la propria forza. E che quella capacità di creare oggetti, di dominare gli altri esseri viventi, possa sfuggire al suo controllo. Una creatura così potrà essere anche molto crudele senza motivo. Perfino i tirannosauri uccidono solo per mangiare, non è colpa loro se hanno sempre fame, grossi come sono. Tutti i carnivori uccidono per vivere, è la regola.

Eppure la confusione nella mia testa, nel buio di una notte che si preannuncia paurosa come le altre dell’ultimo periodo, suggerisce la crudeltà latente della creatura futura, spesso immotivata, senza scopo se non per il gusto di esserlo. Una crudeltà distruttiva, volontaria, lucida, rivolta a piante e animali e ai suoi stessi simili.