Alessio Pezzich ovvero una vita nell’arte
Ci incontriamo in una piovosa giornata primaverile. Sono un po’ indispettita dal fatto che la mia città non si presenta con il suo solito sole, ma appena ci sediamo davanti ad un tè aromatizzato e qualche pasticcino dimentico la pioggia e mi immergo nelle parole, nei gesti e nell’entusiasmo di Alessio Pizzech. Da “brava giornalista” ho preparato qualche domanda e cerco di porgergliela tra un sorso di tè e un altro, ma il fiume di parole e di emozioni che mi investe mi costringe a mettere in ordine il flusso che mi assale.
Alessio Pizzech è una vita dedicata all’arte o meglio una vita predestinata per fare arte. Mi racconta della sua Toscana e dell’incontro folgorante con il mondo del teatro a soli otto anni e del circo a dieci. È tutta lì la sua visione scenica del teatro tra colori, uomini e donne che si muovono nello spazio scenico come in un tendone da circo. Durante la sua prima apparizione in pubblico, a soli nove anni, si accorge che il pubblico guarda con occhi umidi di pianto per l’emozione quel bambino gracile. Poco dopo l’incontro con la musica e il canto. Poliedrico e competente delle varie forme d’arte che trovano la sintesi nel teatro d’opera. Continuiamo a parlare delle sue esperienze lavorative e del profondo connubio che esiste tra teatro e educazione.
“Ho la necessità di confrontarmi con i giovani e farli innamorare del teatro d’opera così come lo concepisco. Solo chi conosce e vive questa esperienza può apprezzarla.”
Questa convinzione lo ha portato a divulgare tra gli studenti la storia del teatro di prosa e quello lirico attraverso delle vere e proprie full immersion.
Cosa è per te mettere in scena uno spettacolo?
“Negli spettacoli a cui diamo vita c’è la nostra stessa vita che pulsa in noi! C’è la voglia ed il piacere di condividere ed unire in un sentirsi vivi e presenti nel proprio tempo! Sia dato onore e lode al Teatro e alla Musica … che si torni a parlare di cosa mettiamo in scena, di come lo facciamo, del senso che questo ha per noi e per gli altri! Torniamo ad ascoltare per sentirci mezzi attraverso cui la verità, la verità del poeta, la verità del compositore, la verità dell’opera d’arte si sprigiona nel mondo per restituire chiavi di lettura, lenti attraverso cui dare risposte alle tante domande del presente. Violenza, sopraffazione, egoismi possono essere sconfitti con l’umile tentativo di riconoscere la bellezza a cui siamo chiamati ogni giorno a dare forma… ed eccomi a ricordare qualche tentativo di dare forma alla bellezza al racconto… tentativi che danno senso a questo fare teatro.”
E tra progetti realizzati e sogni da realizzare apre la sua borsa e mi consegna alcuni bozzetti di un allestimento dell’opera lirica “Il Turco in Italia”. Resto affascinata da quei disegni dove minuziosamente ogni cartella descrive una scena e dove i costumi dei personaggi si alternano in concetto temporale sospeso tra passato e presente e tra realtà e sogno.
Chiedo, chiedo con la morbosità del cronista e l’incanto dell’appassionata come si trasformano in cartelle le idee.
“È un lavoro sinergico tra me e lo scenografo. Dopo aver studiato la partitura ho un’idea dello spettacolo e ne parlo con i miei collaboratori. Il lavoro preparatorio è solo lo sviluppo di una emozione da consegnare ai possibili committenti.”
Quante volte Rigoletto?
“Tante! Recentemente a Busseto e presto a Bologna ma ogni volta diverso, ogni volta dà una nuova prospettiva che riconsegna un capolavoro della tradizione operistica all’attualità.”
Continuiamo a parlare di illusioni e di quella meravigliosa macchina da sogni che è il teatro dell’opera dove le visioni oniriche del compositore prendono forma nel vagheggiamento del regista. Mai come in Alessio Pizzech il genio registico è la sintesi perfetta della più completa forma d’arte: la recitazione in musica arricchita dal gusto del bello e condita dalle emozioni che diventano realtà. Non posso allontanarmi da lui senza estorcergli la promessa di un altro incontro e la possibilità di collaborare per realizzare progetti insieme.